Il senno di poi - Numero 37

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

  • IL SENNO DI POI
  • TRADIZIONI DEGNE E TRADIZIONI INDEGNE


    IL SENNO DI POI

    Le radiose giornate di maggio hanno trovato nuova e clamorosa espressione nel monopolio delle massime cariche dello Stato da parte della sinistra, e nel forte sbilanciamento della compagine governativa verso le posizioni estreme della "gauche", in palese contrasto col risultato elettorale di equilibrio fra le due concentrazioni. Nel frattempo, si è letto che l’ex Presidente del Consiglio andrebbe in giro con un appunto sui tredici errori fondamentali che hanno dato luogo alla sconfitta del centro-destra, minima nei numeri, ma totale nella sostanza, con una chiosa non marginale: sarebbe bastato evitarne uno, afferma Berlusconi, per vincere le elezioni.

    Tutto sommato, si tratta di una scoperta dell’ombrello, o se si preferisce, di una nuova manifestazione del senno di poi. Per dirne una, sarebbe stato sufficiente inserire nella coalizione il "Progetto Nord-Est" di Giorgio Panto, presentatosi in totale autonomia dai due poli, che coi suoi centomila voti ha fatto imprevedibilmente pendere la bilancia a vantaggio del Professore, affossando il Cavaliere in modo beffardo. Lo stesso dicasi per la nuova legge elettorale, il cui effetto è stato quello di un "boomerang", o per il voto degli italiani all’estero, giustamente e pervicacemente voluto dall’ex Ministro Tremaglia, ma governato in maniera stolida quando il centro-destra si è presentato in ordine sparso, diversamente dall’Ulivo.

    Considerazioni analoghe possono valere per i mancati accordi elettorali con i radicali o con la Svp, certamente opinabili sul piano etico-politico, ma pur sempre condividibili alla luce delle esigenze perverse del maggioritario. Vorremmo aggiungere, peraltro, che l’ex Presidente del Consiglio, nella sua elencazione, ha dimenticato qualche fattore non trascurabile, per lo meno alla luce dei 25 mila voti, pari allo 0,05 per mille, che gli sono mancati per vincere le elezioni: si pensi alla depenalizzazione di reati come l’oltraggio alla bandiera, l’alto tradimento, l’offesa alle Forze Armate, e persino al Presidente della Repubblica. E’ vero che si tratta di un provvedimento trasversale, votato paradossalmente anche dall’estrema sinistra, e non dai diessini o dalla Margherita, ma è anche vero che taluni italiani degni di questo nome non lo hanno mai accettato, in primo luogo moralmente, e non da ultimo, per il modo affrettato con cui è stato discusso in aula proprio nell’ultima settimana della scorsa legislatura.

    L’elenco degli errori, insomma, potrebbe allungarsi "ad libitum", ma la loro pur consapevole giustapposizione assomiglia tanto al comportamento di quel contadino che chiuse la stalla dopo che i buoi erano fuggiti. E non si venga a dire che il centro-destra è il vincitore morale del nove aprile: al massimo, è stato conseguito il pareggio, dilapidando un patrimonio politico che, cinque anni or sono, aveva dato luogo alla più ampia maggioranza parlamentare nella storia della Repubblica. Non c’è dubbio che l’ex Presidente del Consiglio abbia dato prova di essere un grande comunicatore, recuperando nelle ultime settimane di campagna elettorale (se i sondaggi non erano taroccati) oltre quattro punti di differenza percentuale, ma questo significa che il regresso era stato ben più ampio di quanto i risultati abbiano posto in evidenza, e che il centro-sinistra ha rischiato di perdere soprattutto per demerito proprio, e per le insanabili contraddizioni tra le sue componenti.

    Un vecchio adagio sempre attuale afferma che del senno di poi sono piene le fosse: alla stregua di quanto è accaduto dopo l’apertura delle urne, l’assunto acquista ulteriore, icastica validità. Non serve prendersela con un differenziale oggettivamente minimo, perché nel sistema democratico, o presunto tale, è già accaduto che la vittoria e la sconfitta siano state determinate da una manciata di voti. Caso mai, bisogna evitare la ripetizione di errori funesti, sebbene la storia, diversamente da quanto è stato sostenuto da molti, non sia maestra di vita (diversamente non si continuerebbe a sbagliare); e sebbene taluni di quegli errori, come i mancati accordi elettorali o la depenalizzazione dei reati d’opinione, siano praticamente irreversibili.

    Soprattutto, bisogna dare all’opposizione un alto significato etico e politico, non tanto per approfittare, pur doverosamente, delle prevedibili sbandate a cui andrà incontro la nuova maggioranza, quanto per dare alla destra, o quanto meno alle sue componenti più impegnate sul piano morale per formazione e per tradizione, la credibilità e la forza che non hanno avuto nell’ultima legislatura, pur disponendo della citata maggioranza granitica (da qualcuno interpretata alla stregua di una totale "licentia operandi", e pertanto, fonte di erosioni elettorali che i numeri hanno impietosamente evidenziato).

    Anche in politica, è ben difficile che i nessi tra cause ed effetti non vengano alla luce con chiarezza. La mutazione epocale del nove aprile non sfugge alla regola, ed a posteriori non serve prendersela con lo "spoil system" adottato pesantemente dalla sinistra, perché fa parte delle regole del gioco, senza dire che era stato annunciato all’inizio della partita. Serve, invece, restituire alla politica, se mai le forze in campo ne siano davvero capaci, contenuti reali conformi all’antica definizione quale "arte di operare nella vita associata per il bene comune", ed al principio secondo cui ciò che veramente distingue è il diverso impegno volitivo nel perseguirlo.

    Carlo Montani


    TRADIZIONI DEGNE E TRADIZIONI INDEGNE

    Gli occidentali sono sottoposti ad una continua propaganda contro le proprie culture nazionali. Per i celebratori del multiculturalismo e dell’internazionalismo le tradizioni degne di essere conservate sono solo quelle dei gruppi minoritari recentemente installatisi in Occidente. Nel contesto europeo, la nazione con il suo territorio, una sua storia, una cultura predominante, è vista semplicemente come un nemico da abbattere. Al centro di tutto vi è l’adorazione dei diritti umani con il feticismo dell’uguaglianza ad ogni costo. I risultati sono spesso paradossali. Infatti, il rispetto della diversità si traduce nel rispetto della tradizione del burka musulmano e di altri costumi che sanciscono l’inferiorità della donna. Un altro esempio: l’accettazione nelle scuole, in Canada, di alunni armati di kirpan costituisce indirettamente la celebrazione di un culto guerriero, molto lontano dal pacifismo, caro ai sostenitori dei diritti umani. Sembrerebbe che anche la poligamia musulmana stia per essere accettata in Canada. Era ora: le tradizioni altrui meritano rispetto. Intanto in Canada e in molti altri paesi occidentali si è fatto il possibile per scardinare la famiglia tradizionale, accanendosi soprattutto sulla figura del "pater familias". Le famiglie monoparentali, senza padre cioè, sono state favorite per anni dalle istanze governative a scapito delle famiglie normali. In Francia, recentemente, la distribuzione gratuita agli indigenti di zuppe a base di porco è stato giudicato un atto di provocazione e di discriminazione verso i musulmani, la cui religione proibisce il consumo di carne di maiale. La tradizione importata del "niente maiale" ha vinto così sulla tradizione rurale francese del "quanto è buono il maiale". L’ecumenismo multiculturale e il feticismo dei diritti umani contribuiscono alla rapida scomparsa dei normali ritmi e forme di vita in un Occidente concepito ormai come un enorme recipiente di individui atomizzati. La grottesca parodia del matrimonio omosessuale è un esempio di questa frenesia dell’abbandono di istituzioni e valori tradizionali. Il divieto di sculacciare i figli, pena la prigione, ne è un altro esempio poco glorioso. Alla base di questa frana dei valori tradizionali occidentali vi è soprattutto il problema demografico: nelle società dell’abbondanza le coppie non vogliono aver figli "perché costano troppo". Ma è proprio vero che la distruzione della tradizione - la nostra tradizione, perché le tradizioni altrui sono considerate degne di rispetto (vedi il diritto, riconosciuto agli zingari in Eurolandia, di continuare a vivere come hanno sempre vissuto) - comporta solo e sempre vantaggi, e questo perché ci libera dalle pastoie del passato e ci apre al diverso? Beh, non pare proprio, almeno a giudicare dall’esempio degli Inuit - Eschimesi - del Nord canadese. Tra questi, il tasso di suicidi è altissimo, come anche le patologie - prima tra tutte il diabete - causate dalle alimentazioni nuove, propagandate gioiosamente in TV. Il regista inuit Kunuk attribuisce alla perdita dei valori religiosi tradizionali, con la conversione del suo popolo al cristianesimo, la causa principale del tracollo di una cultura millenaria. Per noi vale il contrario: l’abbandono del cristianesimo rischia di essere la causa principale del tracollo della nostra cultura millenaria.

    Claudio Antonelli
    (Corrispondente dal Canada)