Esprimo un modesto pensiero su questo "maledetto 53" che ha deciso di non uscire sulla ruota di Venezia da 182 estrazioni . E’ un parere di un sociologo, non accreditato come "mass - mediologo" , quindi una pura considerazione personale . Fatta questa premessa prendo in esame i fatti sanguinosi che ruotano intorno a questo numero. L’assicuratore di Signa in provincia di Firenze ha ucciso moglie e figlio e poi si è sparato. Una signora toscana si è suicidata gettandosi in mare. Meno tragico ma non meno significativo il gesto di un impiegato di banca dell’Oltrepò Pavese che ha rubato un milione di euro da puntare sul 53. Questi fatti sono emblematici di una situazione di malessere generale. Cosa spinge un individuo sano a questi gesti estremi ? La cosiddetta" droga non da sostanza ". Non si assumono stupefacenti ma si compiono gesti non razionali. 25.000 "giocatori patologici ", 250.000 " giocatori problematici " con il rischio di diventare patologici. Non sono cifre inventate e forse superate dalla realtà. Nella mia piccola indagine ho visto operai giocarsi la paga settimanale, casalinghe lesinare sulla spesa per poi puntare il lucro sul 53 e tanti indebitarsi con amici e perenti per tentare la sorte. Quando ad un individuo si dà la possibilità di intravedere guadagni facili, la bestia sopita si risveglia. A mano a mano diventa assillante e spinge ad osare sempre più. Così l’euro della puntata iniziale diventa 10 , 100, 1.000, e così via. Non ci si può fermare .Non si dorme più e non si vive più. Il pensiero dominante diventa il 53. Una sfida con un solo perdente : il giocatore. Se si dà la possibilità di uscire dal proprio io ognuno risponde con il proprio super - io: quello inconscio, quello rimasto dentro e mai uscito allo scoperto . Non bisogna imbrigliare niente, meno che meno la propria personalità ma siccome non siamo tutti uguali, allora ci vuole un freno. L’individuo va spronato ma anche limitato; non si può pensare di essere soli al mondo ma nemmeno di diventare il padrone del mondo. Quando si esce da sé, dal proprio io, si diventa un’altra persona, e questa va aiutata ma anche instradata. Nel nostro caso forse non possiamo aiutare queste 250.000 persone ma limitare i danni che potrebbero provocare, questo sì. Facciamo in modo di mettere dei paletti. Potrebbe essere utile impostare tutti i giochi nel vero senso della parola: giocare per passare il tempo e non impegnare il tempo per pensare al gioco. I media ci spingono a giocare poco per guadagnare tanto, perdendo di vista le patologie che si possono creare e che purtroppo si creano. Allora giochiamo tutti ma poco, non per vincere ma per stare insieme. Facciamo una grande famiglia di giocatori , creiamo momenti di aggregazione, momenti di dialogo e non di solitudine; perché il giocatore che diventa patologico è sempre più solo e la solitudine porta anche al suicidio. Forse ci perderebbe lo Stato, ma chi se ne frega. E poi se è vero che lo Stato siamo noi dovremmo guadagnarci tutti.
Vincenzo Ponzo