C’è una Legnano violenta?
Anche Legnano, ora, potrà essere annoverata tra le città in cui la domenica pomeriggio il tifo allo stadio sembra una guerriglia urbana. E’ successo allo stadio "Mari" l’altra domenica, potrebbe succedere ancora, anche se speriamo che non accada più. Luigi Rizzoli è stato malmenato e picchiato dai tifosi del Padova ed ecco come ha descritto la situazione a Stefano Morelli su "Il giornale dell’Altomilanese" del 3 marzo scorso: "Tutto è nato quando tre tifosi padovani appena terminata la partita, sono entrati sul terreno di gioco per farsi consegnare dai calciatori della propria squadra qualche paio di calzoncini, magari una maglietta. Poi, avvicinandosi nei pressi della curva dei tifosi legnanesi, hanno notato uno striscione di "gemellaggio" tra gli ultras lilla e quelli del Mestre, località dove già due settimane fa, i padovani avevano intrapreso scontri. Quella è stata la scintilla che ha fatto scattare tutta la rabbia. I tre si sono avvicinati allo striscione per depredarlo, per averlo come "bottino di guerra" e i tifosi del Legnano non sono stati a guardare". Per la cronaca: Luigi Rizzoli è stato colpito da una cinghiata in testa, mentre cercava di bloccare i tifosi padovani, e ha dovuto subire sei punti di sutura. Non facciamo del moralismo e neppure scateniamo paure inutili, ma certo anche a Legnano qualche cosa di nuovo, e non gradito, è successo. C’è in giro un’aria di paura : la gente si barrica in casa, munendo le finestre di allarmi, cancelli in ferro, blocchi alle serrande. Si temono i furti degli "albanesi" (che nella paura collettiva hanno preso il posto dei "marocchini") e purtroppo la cronaca deve spesso dare conferma di questi timori. Legnano sta perdendo quella patina di oasi di tranquillità, propria di una città di provincia, lavoratrice, senza tanti grilli per la testa, capace di fare la ricchezza di alcune grandi famiglie, ma anche di dare benessere alla popolazione. Ci sono segnali preoccupanti se è vero, come è vero, che all’inizio dell’anno scolastico in un collegio docenti di un istituto superiore di Legnano il preside ha dovuto esordire elencando, a mo’ di grida manzoniane, le sanzioni disciplinari da infliggere agli allievi più riottosi nei confronti della disciplina; sanzioni per estorsioni ( sic); minacce, furti, ecc. Con l’obbligatorietà del biennio superiore a scuola devono andarci tutti, piaccia o non piaccia, anche chi non ha voglia. E questi ragazzi, nutriti a nutella e Grande fratello, a play station e cartoni animati giapponesi, non sopportano di stare cinque, sei ore chiusi in un serraglio che alcuni strani figuri, soprannominati "prof.", si ostinano a chiamare scuola. Ed allora si esprimono con gli strumenti, linguistici e non, propri del buon selvaggio : urla, segni vocali inarticolati, rutti e flatulenze varie
Indubbiamente elevare il livello d’istruzione dei cittadini è giusto e doveroso ( senza ombra d’ironia); ma le prime conseguenze sono queste. Ci sono ragazzi che di scuola non ne vogliono sentir parlare, ma sono obbligati a frequentarla per legge non per amore, mentre forse più proficuamente avrebbero potuto scegliere di imparare un mestiere ( ma per questo, avevo dimenticato, ci sono gli extracomunitari!). La scuola, poi, che fa? Promuove, elargisce "debiti" da colmare l’anno seguente con "ottimi" corsi di dieci, venti ore, e tutto è risolto. E’ anche vero che ci sono scuole che bocciano ( la bocciatura non è certo il criterio migliore per valutare la validità di una scuola, ma tant’è
); ma non voglio qui cimentarmi in una polemica sulla scuola italiana. Ci sarà tempo e luogo per farlo. E’ opportuno, però, ricordare come e perché in certi istituti si promuove o si boccia con facilità. Spesso tra i docenti di un consiglio di classe ci si passa la voce per bocciare più decisamente per formare una nuova classe o per promuovere più facilmente per non perdere allievi che andrebbero altrove, in caso di conclamato insuccesso scolastico. A seconda delle esigenze, a seconda dell’Istituto se è in calo di allievi oppure no!
Ma che il clima stia cambiando lo vediamo anche nella banalità del carnevale. In Piazza San Magno la scena è stata questa : al centro della piazza famiglie e bambini festanti, mascherine e cabarettisti, coriandoli e squilli di trombette; a lato un gruppetto di ragazzi che, sotto gli occhi attenti dei vigili urbani, si "schiumavano" a più non posso, ma fermi, senza violenza, in un rito che sapeva di demenziale. Probabilmente non potendo fronteggiarsi con violenza come in altri casi, si cospargevano di schiuma guardandosi in faccia, in una sorta di violenza
a secco.