La maniera italiana di far politica è approdata in Canada. Dovevamo aspettarcelo dopo l’avvento della strana legge elettorale italiana che permette a dei residenti stranieri d’installarsi nel parlamento a Roma. È vero che questi eletti provengono dalle collettività degli "italiani all’estero" - per usare la tradizionale espressione di tipo deamicisiano designante gli emigrati italiani, e i loro discendenti che spesso non parlano neppure l’italiano. Ma è anche vero che una regola antica vuole che non si servano bene due padroni. Tale regola è stata però sempre trascurata nel paese che ha dato i natali ad Arlecchino. A parte ogni considerazione di tipo morale, a me sembra che gli emigrati italiani e i loro figli avrebbero ogni interesse, in questo paese per esempio, ad essere considerati "residenti permanenti canadesi", e non "italiani concessi in prestito dall’Italia al Canada". Lo stesso ragionamento vale per gli emigrati italiani radicati da anni in altri paesi. La nuova legge elettorale italiana, invece, tende a fare degli italiani espatriati, e dei loro figli nati nelle nuove patrie, dei residenti potenzialmente malfidi mettendoli "al servizio di due padroni". Inoltre, a causa di questa strana legge, nata, occorre precisare, dalle intenzioni patriottiche di un uomo straordinario - Mirko Tremaglia - la politica italiana è divenuta un prodotto d’esportazione, una sorta di nuovo tiramisù, dagli effetti però deprimenti, da consumarsi nelle Little Italies del mondo intero. E per politica all’italiana io intendo la rissosità, le sempiterne polemiche, l’arroganza del potere, le lottizzazioni, lo spirito settario alla "Guelfi e Ghibellini". E ancora: la verbosità smodata, la scaltrezza, la partigianeria, l’opportunismo... Il poco glorioso sbarco della politica all’italiana è avvenuto nella tranquilla Ottawa. Qui, lo scorso ottobre si è trovato a passare Bobo Craxi, sottosegretario agli esteri. Stando al resoconto del giornalista italo-canadese Luciano Gonella, dalla bocca di Craxi è uscito il seguente commento sui parlamentari eletti all’estero: "... tanto non contano un cazzo." In seguito al chiasso suscitato da questa battuta ingiuriosa, Bobo Craxi dopo un paio di giorni ha smentito di aver pronunciato la detta frase, definendo sprezzantemente "sedicente giornalista canadese" Luciano Gonella. La smentita di Craxi ha fatto sorridere più d’uno: l’ingiuriosa frase era stata pronunciata in presenza d’altre persone che hanno confermato il dire di Gonella, direttore dell’Ora di Ottawa, giornalista colto e brillante, e tutt’altro che "sedicente". La Penisola vanta, grazie ad un sistema di tipo medievale, una classe di giornalisti - vera e propria casta, collegata in gran parte ai centri di potere politico - lautamente pagata e che beneficia di enormi sconti, abbuoni e privilegi un po’ su tutto. Per poter scrivere in un giornale, il giornalista italiano deve essere "iscritto all’albo". Le redazioni dei giornali in Italia sono considerate alla stregua di sale operatorie. Infatti, così come non si può eseguire un’operazione chirurgica se non si è iscritti all’albo dei chirurghi, per vedere pubblicato i propri articoli in un giornale occorre essere iscritti all’albo dei giornalisti. Probabilmente per Bobo Craxi, noi che scriviamo all’estero per dei giornali italiani, a causa delle nostre retribuzioni e della nostra assoluta mancanza di privilegi somigliamo molto più ai barbieri-cerusici dei tempi antichi che ai chirurghi "professori-baroni", iscritti all’albo - anche se non è sempre un albo d’onore - di cui l’Italia va fiera. L’episodio Gonella vs Craxi non è finito qui. Allo scambio di accuse e smentite tra Craxi e Gonella si è unito anche il parlamentare Gino Bucchino, eletto da noi italo-canadesi. Quel "tanto non contano un c..." lo tirava direttamente in ballo, dal momento che l’offesa era diretta agli espatriati di origine italiana, giunti a Roma dalle patrie adottive a far politica. Apro una parentesi: far politica, a Roma, consiste nel fare soprattutto polemiche. Polemiche settarie, occorre dire: ci si scaglia contro l’avversario, per partito preso. L’ideologia partitica e le strategie di potere prevalgono, infatti, su tutto. Cosa ha detto l’On. Bucchino nel suo intervento? Il ragionare del dottor Bucchino lascia perplessi. Invito i nostri lettori a prendere conoscenza delle sue esatte parole sul web poiché mi è difficile riassumerle. Ma comunque tenterò. L’intervento del dottor Bucchino, di ovvia riprovazione nei confronti di Craxi, è tutto incentrato - non si capisce perché - sull’apologia del "bolscevismo" e dei "bolscevichi". Nientedimeno. C’è un precedente che noi non conoscevamo. Dopo un breve preambolo storico consacrato ai bolscevichi, Bucchino ci racconta: "Quando, pochi giorni orsono sono stato a trovare Bobo Craxi nel suo ufficio al Ministero degli Affari Esteri per raccontargli e spiegargli il Canada (visita da lui stesso richiesta in vista del suo viaggio nel Paese); non so se è stata colpa del mio pizzetto alla Lenin o del distintivo rosso all’occhiello (quello dell’INCA-CGIL, che lui forse non aveva mai visto); ma devo averlo certamente fulminato. ’Dio mio!!’ - avrà detto - ’ecco qui un bolscevico’". Il dottor Bucchino ci fa sapere di essere onorato che Craxi lo abbia scambiato per un bolscevico, "visto che i bolscevichi si riconoscono nel partito operaio, a fianco quindi dei lavoratori ". Alla fine dell’intervento critico di Bucchino troviamo un goliardico: "il tempo ci dirà chi non serve a un c..." Ebbene, il nostro dottor Bucchino, dico "nostro" perché egli dovrebbe rappresentare noi "italiani all’estero" - infatti siamo stati noi che l’abbiamo inviato a Roma dal Canada - rappresenta in realtà i boscevichi. Ce lo dice lui. E noi gli crediamo. Questo piccolo ma significativo episodio ci mostra che la politica all’italiana è ormai di casa in Canada. Da un lato, infatti, abbiamo la boria e il cinismo di un Bobo Craxi per il quale quel che conta sono i giochi del potere. Dall’altro, un Bucchino che fa valere nel suo strano intervento uno spirito dottrinario, settario, esaltando un comunismo paleolitico. All’anima della fresca ventata di pragmatismo che i parlamentari in provenienza dal Nord America avrebbero dovuto immettere nelle stanze italiane del potere!
Claudio Antonelli
(Corrispondente dal Canada)