Spettacoli all’italiana - Numero 43

SOMMARIO DELLA SEZIONE:

 



SPETTACOLI ALL’ITALIANA

Anche se non si vive in Italia, è sufficiente dare uno sguardo ai suoi quotidiani, oppure seguire per un momento i programmi radiofonici e televisivi che da lì ci giungono, per rendersi conto della maniera patologica in cui nella penisola trattano gli avvenimenti di politica, di cronaca nera, e tutto il resto. I mass media, in Italia, svolgono la funzione che il bar e il salone del barbiere hanno nelle discussioni: fungono da cassa di risonanza per concitate polemiche in cui tutti vogliono aver ragione. E così, sulla pagina scritta e sulle onde, il tema del momento permette di dare la stura al loro gusto dell’esagerazione e dell’allarmismo ad oltranza. Tutti si agitano. Tutti si allarmano.Tutti catoneggiano. Tutti propongono una soluzione al problema dell’ora. Ognuno, naturalmente, interpreta i fatti alla luce della propria affiliazione partitica. È un po’ l’antica storia dei guelfi e ghibellini... I fatti di cronaca suscitano, in Italia, un interesse che definire morboso è dir poco. Nella penisola tutti i fatti di nera, se solo un po’ gravi, assurgono ad avvenimenti nazionali. Immancabile, poi, il giallo estivo che permette a colpevolisti e innocentisti di partecipare, anche in vacanza, allo spettacolo "giustizia". Quest’anno vi è stato l’omicidio di Chiara Poggi. Rientrati dalle vacanze, gli italiani hanno avuto il piacere di allarmarsi, di lamentarsi e di inorridire per la studentessa inglese uccisa a Perugia. E anche questa volta, a cadavere ancora caldo, i mass media, "Corriere della Sera" in testa, hanno subito linciato i "colpevoli", cambiandone però uno ogni giorno. Come se non bastasse, i mass media ritornano "ad nauseam" sui delitti del passato. Inquirenti, giudici, poliziotti, esperti, giornalisti si mettono in mostra intorno ad un cadavere che tornano periodicamente a riesumare sotto il flash dei fotografi. Il delitto di Cogne è un esempio fra i tanti. Ma non è solo la cronaca a stimolare le ugole. I fatti scatenanti l’orgia parolaia sono i più disparati. I politici della Casta, sempre al centro di tutto, fanno gli attori in certi strani programmi televisivi di cui gli italiani sono molto ghiotti. E cosa fanno questi "attori"? Si esibiscono, gargarizzandosi con discorsi polemici. L’importante per gli italiani è polemizzare. E su tutti gli argomenti già affrontati si ritorna all’infinito come in un bolero di Ravel, perché nella penisola vige una nozione africana del tempo: nulla finisce, tutto ritorna. Nel paese che ha inventato l’opera lirica, con gli "armiamoci e partite" e "parliamone" al posto di "facciamo", la retorica delle parole tiene luogo d’azione. Tutti vogliono "portare avanti il discorso". Dopo tante chiacchiere, pensate che lo schifoso problema dell’"emergenza rifiuti" di Napoli e dintorni sia stato risolto? Niente affatto. Il risultato non interessa. Interessava "aver ragione", polemizzando. Proprio come nelle discussioni al bar e dal barbiere... Questa strana mentalità spiega anche la ricorrente messa in scena dell’inasprimento delle pene: il potere finge di risolvere questo o quel problema ricorrendo all’"inasprimento delle pene". Inasprimento che rimane vuota chiacchiera perché, grazie alla latitanza di verifiche e controlli, illegalità e abusivismi continuano a farla da re. In queste logomachie condotte con le chiappe incollate sulla sedia, ha facile gioco il "voodoo" dei dietrologi. Gran cultori della furbizia, gli italiani non accettano l’evidenza dei fatti, preferendo credere all’azione diabolica di fantomatici registi che tirerebbero i fili di questa commedia dell’arte, dove tutti gli italiani sono attori e spettatori, contemporaneamente.

Antonelli Claudio



GUERRA DEL PESCE IN ADRIATICO: LATRATI ALLA LUNA

Il primo gennaio 2008, con un provvedimento unilaterale di rinnovata prepotenza e presunzione, la Croazia ha istituito una "zona ecologica e di pesca protetta" nelle acque dell’Adriatico. Nella sostanza delle cose, l’atto, al di là della formulazione vagamente ambientalista, equivale ad un ampliamento immotivato e certamente illegittimo della sovranità di Zagabria, che si traduce nel divieto d’accesso ai pescherecci con bandiera diversa da quella croata, in una fascia di acque territoriali ben più ampia di quella consentita dalla normativa internazionale.
L’Italia, ancora una volta, è stata a guardare, confidando nell’intervento europeo come era già accaduto nel 2003 in occasione di analogo "pronunciamento", poi sospeso a seguito di accordi con l’Unione che ora sono diventati carta straccia. Evidentemente, la trattativa avviata per l’ingresso in Europa ha importanza secondaria, per il Governo nazionalista di Ivo Sanader, rispetto alle questioni di politica interna.
I danni per l’economia italiana sono gravi perché il valore della pesca in Adriatico effettuata dalle flottiglie venete, marchigiane, abruzzesi e pugliesi è di oltre 630 milioni annui, destinati a ridursi drasticamente a vantaggio della Croazia grazie al suo "ukase", messo subito in pratica, visto che appena tre giorni dopo, le sue solerti motovedette hanno provveduto a sequestrare un peschereccio di Manfredonia ed a processare per direttissima il malcapitato equipaggio, condannandolo al pagamento di una forte multa ed al sequestro del pescato.
Può darsi che il "proclama" di Zagabria sia destinato a rientrare perché in sede europea è stato già detto che bisogna "trovare una soluzione a tutti i costi", ma intanto i limiti delle acque territoriali croate sono stati estesi in deroga all’ordinamento giuridico internazionale, e la Marina italiana, come ha scritto la stessa stampa di sinistra, "non ha avuto ordini particolari circa la protezione delle nostre imbarcazioni". Si deve aggiungere che la questione riguarda anche i rapporti fra Croazia e Slovenia, in misura ovviamente ridotta; e che Lubiana sembra attendere le mosse dell’Italia e dell’Europa, pur avendo manifestato ben altra insofferenza, a fronte dell’atteggiamento governativo croato.
A parte la "guerra del pesce" che dura da decenni e che ha avuto le sue incolpevoli vittime, come quel Bruno Zerbin che negli anni ottanta venne ucciso nel Golfo di Trieste dai "graniciari" di turno, ciò che preme sottolineare è che ancora una volta il lupo ha perso il pelo ma non il vizio. Nello stesso tempo, l’agnello italico è diventato paradossalmente ancora più sacrificale limitandosi a cedere alla violenza ed a confidare in aiuti esterni sollecitati da compassionevoli belati di circostanza.
Attendersi da questa Croazia e soprattutto da questa Italia soluzioni organiche e ragionevoli dei problemi in essere, non esclusi quelli dei beni sottratti agli esuli istriani e dalmati, e della doverosa tutela delle tombe avite, sembra piuttosto velleitario.
Se non si cambia registro, cosa improbabile ma pur sempre fattibile, le possibilità di successo sono pari a quelle del cane che latra all’indirizzo della luna.

Carlo Montani