Sono passati 77 anni dall’uccisione di Mussolini. E’ cambiato il mondo, in modo tale che risulta difficile riconoscersi in quel passato; fare riferimenti comprensibili ad un mondo che ormai non esiste più è per molti, non solo per i più giovani, come parlare dei marziani. Sono cambiati i modelli culturali e anche le griglie interpretative di un passato che si stenta a credere che ci sia stato. E’ successo di tutto in questi 77 anni: l’esplosione della bomba atomica, che ha decretato la nascita di una nuova era. Il galoppante progresso tecnologico che ha sconvolto usi e costumi: chi avrebbe pensato solo qualche decina di anni fa di poter dire che saremmo andati in giro con il telefono in tasca? La nascita di un’Europa unita, pur con tutte le difficoltà che riscontriamo quotidianamente. Le guerre presenti un po’ ovunque nel Pianeta. Eppure, ormai da decenni, ci interroghiamo perché il mito di Mussolini persista. Negli ultimi tempi abbiamo assistito a testimonianze diverse, da film a scritti, che stigmatizzano questa presenza, scomoda, ingombrante, ma per lo più incomprensibile. Incomprensibile per la sua inattualità, ma comunque presente. Sara Lucaroni ha da poco pubblicato “Sempre Lui, perché Mussolini non muore mai“ , un titolo che racchiude questo interrogativo. Eppure anni di ricerca scientifica autorevole, di inchieste giornalistiche, di dibattiti estenuanti, ancora non hanno dato una risposta definitiva a questa permanenza. Al di là delle testimonianze di fedeltà, al di là del nostalgismo (tanto nessuno crede seriamente ad un ritorno di quel mondo, di quelle idee, di quel modo di essere; e poi, con chi?); al di là di atteggiamenti provocatori, cosa resta? Gli italiani furono probabilmente “mussoliniani” più che “fascisti”; innamorati di una figura che incarnava i loro ideali, le loro speranze, le frustrazioni da superare più che aderire ad una visione di un nuovo mondo, di una nuova civiltà da costruire, come l’aveva in mente Mussolini. Mussolini incarnava i difetti e i pregi dell’italiano medio, così come nel cinema – e può sembrare irriverente fare questo confronto, ma non lo è - sono riusciti ad interpretarli attori del calibro di Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Vittorio Gassman, ad esempio. D’altra parte è questa la specificità dell’italiano medio : a volte superficiale, furbo, convinto di essere più in gamba degli altri, ma anche capace di imprese eroiche, di dedizione al dovere, di sacrifici che nessun altro sarebbe capace di fare. I tanti episodi eroici della seconda guerra mondiale, per ricordare avvenimenti a noi tragicamente più vicini, lo dimostrano. Mussolini è l’eterno altro-io con il quale ci confrontiamo. La condanna ferma per gli errori tragici commessi non lo nasconde ancora agli occhi di molti: non c’è per lui damnatio memoriae, condanna all’oblio, ma neppure ricordo fulgido. Mussolini resta un fantasma del passato con il quale continuare a confrontarsi, a interrogarsi, che ci fa capire che la vita, la storia, non ha categorie nette tra bene e male, ma si svolge in un magma che forse non potremo mai capire. E forse è proprio vera la frase che Mussolini pronunciò :«Io non ho creato il fascismo. L’ho tratto dall’inconscio degli italiani».
Historicus