Quelle che seguono sono le parole del testamento spirituale di padre Christian Marie, ucciso in Algeria con altri sei confratelli il 21 maggio 1996 da un commando di integralisti islamici.
In questo momento sono più che attuali, come si potrà vedere. E sono nella "pagina della cultura" perché fanno parte della nostra cultura, che non è né cristiana né musulmana né ebraica: è la cultura dell’UOMO.
Quando si profila un AD-DIO
Se un giorno mi capitasse - e potrebbe essere oggi -
di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere attualmente
tutti gli stranieri che vivono in Algeria,
vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia,
si ricordassero che la mia vita era stata donata a Dio e a questo paese.
Che essi accettassero che l’Unico Signore di ogni vita
non potrebbe essere estraneo a questa dipartita brutale.
Che essi pregassero per me:
come essere degno di una tale offerta?
Che essi sapessero associare questa morte a tante altre,
ugualmente violente,
lasciate nell’indifferenza e nell’anonimato.
La mia vita non ha più valore di un’altra.
Non ne ha neanche meno.
In ogni caso, non ha l’innocenza dell’infanzia.
Ho vissuto abbastanza per sapermi complice del male
che sembra, ahimè, prevalere nel mondo,
e anche di quello che potrebbe colpirmi alla cieca.
Venuto il momento, vorrei poter avere quell’attimo di lucidità
che mi permettesse di chiedere il perdono di Dio
e quello dei miei fratelli in umanità,
perdonando con tutto il cuore, nello stesso momento,
a chi mi avesse colpito.
Non potrei augurarmi una tale morte.
Mi sembra importante dichiararlo.
Non vedo, infatti, come potrei rallegrarmi
del fatto che questo popolo che io amo
venisse indistintamente accusato del mio assassinio.
Sarebbe pagare a un prezzo troppo alto
ciò che verrebbe chiamata, forse, la "grazia del martirio",
doverla a un Algerino, chiunque sia,
soprattutto se egli dice di agire in fedeltà
a ciò che crede essere l’Islam.
So di quale disprezzo hanno potuto essere circondati gli Algerini,
globalmente presi,
e conosco anche quali caricature dell’Islam
incoraggia un certo islamismo.
È troppo facile mettersi la coscienza a posto
identificando questa via religiosa
con gli integrismi dei suoi estremismi.
L’Algeria e l’Islam, per me, sono un’altra cosa,
sono un corpo e un’anima.
L’ho proclamato abbastanza, mi sembra,
in base a quanto ho visto e appreso per esperienza,
ritrovando così spesso quel filo conduttore del Vangelo
appreso sulle ginocchia di mia madre, la mia primissima Chiesa,
proprio in Algeria, e già allora, nel rispetto dei credenti musulmani.
La mia morte, evidentemente, sembrerà dare ragione
a quelli che mi hanno rapidamente trattato da ingenuo, o da idealista:
"Dica adesso, quello che ne pensa!".
Ma queste persone debbono sapere che sarà finalmente liberata
la mia curiosità più lancinante.
Ecco potrò, se a Dio piace,
immergere il mio sguardo in quello del Padre
per contemplare con lui i Suoi figli dell’Islam
così come li vede Lui, tutti illuminati dalla gloria del Cristo,
frutto della Sua Passione, investiti del dono dello Spirito,
la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione
e di ristabilire la somiglianza, giocando con le differenze.
Questa vita perduta, totalmente mia, totalmente loro,
rendo grazie a Dio che sembra averla voluta interamente
per questa gioia, attraverso e nonostante tutto.
In questo GRAZIE in cui tutto è detto, ormai, della mia vita,
includo anche voi, certo, amici di ieri e di oggi,
e voi, amici di qui,
insieme a mia madre e a mio padre,
alle mie sorelle e ai miei fratelli e a loro,
centuplo regalato come era stato promesso!
E anche tu, amico dell’ultimo istante,
che non saprai quello che starai facendo,
sì, anche per te io voglio dire questo GRAZIE, e questo AD-DIO,
nel cui volto ti contemplo.
E che ci sia dato di incontrarci di nuovo, ladroni colmati di gioia,
in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, Padre di tutti e due.
Amen. Inch’Allah.
Padre Christian M. de Chergé
Priore del monastero di Notre-Dame dell’Atlas a Tibhirine, Algeria
Algeri, 1 dicembre 1993
Tibhirine, 1 gennaio 1994