SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- Comunità Giovanile a Parabiago
- Esame: se, come, perche’?
COMUNITA’ GIOVANILE A PARABIAGO : un successo annunciato.
Il progetto di Comunità Giovanile a Parabiago ha preso forma: un inizio sfavillante, non c’è che dire. Il cortile della Villa Corvini è stata invaso da una marea di cittadini parabiaghesi che hanno giustamente ricambiato, con la loro massiccia partecipazione, l’onore per la presenza del maestro Vincenzo Zitello. Ma più che soffermarmi sul merito della manifestazione, mansione più adatta ad un cronista che ad un militante, vorrei invece sottolineare l’aspetto organizzativo e l’impronta ideologica che è stata, è, sarà, la base di questa esperienza. Ebbene Camerati, vorrei sdoganare il termine "organizzazione": spesso, nel comune sentire, è associato ad una macchina burocratica che si muove per schemi prefissati. Qui stiamo parlando invece della fusione sublime tra il lavoro, la dedizione e la volontà di raggiungere un obiettivo. Ciò che è accaduto alla Villa Corvini quel sabato sera è parso, a chi segue dall’inizio questa avventura, come la manifestazione concreta di una grandiosa prospettiva delineata nelle fredde giornate dello scorso inverno. Un prospettiva, si badi, della quale si erano abbozzati solo i contorni, che necessitava di contenuto: lavoro, tempo, denaro, ma soprattutto volontà di fare. Ed è proprio questo che mi preme sottolineare: il carattere, la volontà, lo spirito di sacrificio, gli elementi che hanno trainato il carro alato del successo. Molti i momenti di scetticismo dei quali colui che scrive si è fatto portatore: mi piace pensare che questi dubbi, queste incertezze, abbiamo apportato un ulteriore spirito critico in chi li ha ricevuti, ma soprattutto in me stesso. Ho detto "ulteriore" perchè è ovvio che di spirito critico gli iscritti di Comunità Giovanile Parabiago non sono poveri. Ma la volontà, lo spirito, il carattere a portare avanti le proprie idee contro mille ostacoli appartiene alla militanza di Destra, alla quale ci onoriamo di appartenere. Non è quindi un caso che Comunità Giovanile sia partita con il piede giusto: le basi ideologiche su cui si fonda sono secolari e radicate. E come diceva il più grande Statista del ’900 "la Storia ci darà ragione".
Giuseppe Bellini
ESAME: SE, COME, PERCHE’?
Anno nuovo, problema antico. Che noia! Che sfinimento! Che presa in giro! Esame di maturità ? Non più ! Da qualche anno si chiama esame di stato. Commissione prima esterna, poi metà e metà alla Berlinguer, ora interna alla Moratti, Signori politici è ora di piantarla con le false riforme, con gli aggiustamenti di forma, con il cambiamento del nome: il problema non può più essere impostato in questi termini, occorre il coraggio del vero e sostanziale rinnovamento. E’ anche vero però che non si può discutere su come fare qualche cosa, se prima non ci si è chiesti se e a che cosa serve. Si è sentita la necessità di riformare la scuola, si è approvata una riforma, speriamo si abbia anche la volontà politica (e non solo quella...) di attuarla al più presto, ma a metà giugno intanto siamo sempre qui a recitare una parte che tutti, chi più chi meno, riteniamo antiquata, obsoleta, se non addirittura inutile sul teatrino della scuola. Che senso ha che alla fine del ciclo commissari interni e il presidente esterno, per garantire la regolarità, esaminino studenti che hanno valutato per lo più per tre anni? Che cosa potrà aggiungere una prova in più o in meno, comunque simile a quelle già sostenute, alla valutazione di una persona che il docente ha seguito e visto crescere per un periodo più o meno lungo, ma certo più esteso di quello di un esame ? Se proprio vogliamo mantenerlo allora cambiamo la formula. Una proposta: si potrebbe strutturare la prova sulla valutazione di uno o più lavori interdisciplinari presentati dallo studente e discussi approfonditamente in modo da valutare che uso egli sappia fare di quanto appreso durante il ciclo di studi. Ritengo però che una vera innovazione sarebbe l’abolizione del valore legale del titolo di studio. La scuola certifichi quale percorso abbia compiuto lo studente, quali risultati abbia conseguito nell’arco dell’intero curriculum di studi. Siano poi l’Università, gli ordini professionali, l’industria, agenzie comunque esterne a valutare il valore reale della sua preparazione In questo modo la scuola farebbe un grosso salto di qualità per due motivi fondamentali. Si porrebbe fine in modo naturale, ne sarebbe una logica conseguenza, al mercato dei diplomifici : che senso ha pagare per un pezzo di carta privo di valore ? che cosa importa a uno studente conseguire un titolo che non apre nessuna porta ? la valutazione , infatti, avverrà in una sede differente, dove egli sarà in competizione con altre persone provenienti da scuole diverse e si misurerà in base alle competenze realmente acquisite. Questo gioverebbe alla crescita e alla assunzione di responsabilità delle famiglie, degli studenti, e anche dei docenti. Indipendentemente dal tipo di scuola frequentato sarebbe inevitabile un radicale cambiamento di mentalità che coinvolgerebbe tutte le componenti scolastiche avvicinando così la scuola alla realtà, al mondo del lavoro dove la competizione è,fortunatamente, ben presente. Si passerebbe di fatto dal " mi devo diplomare " a " devo prepararmi a superare delle prove per inserirmi nella vita e nel mondo del lavoro ". Per questo motivo si andrebbe alla ricerca del docente più preparato, più professionale, più severo nel valutare e nel certificare il percorso compiuto. E’ ovviamente necessaria una vera autonomia e una reale possibilità di scelta da parte delle famiglie per creare competizione fra le varie scuole, che devono però essere a loro volta libere di scegliere i docenti i quali, finalmente, verrebbero trattati da veri professionisti e non si vedrebbero più appiattiti e disincentivati da umilianti contratti collettivi che premiano i meno-facenti. Abbiamo allora il coraggio del cambiamento, il coraggio di rompere con gli schemi tradizionali: è cambiata la società, abbiamo bisogno di una scuola nuova, e allora modifichiamo anche il modo di concluderla. Controproponiamo una soluzione che risponda a una visione autenticamente liberale : il progresso di una nazione, il mercato del lavoro non chiedono titoli di cui fregiarsi, chiedono competenze reali che si acquisiscono solo con uno studio serio, costruttivo, approfondito. Quale valore legale ! è necessario un titolo di studio che abbia un valore reale.
Pierangela Bianco