Che la relazione di Gianfranco Fini, all’Assemblea nazionale dell’11 gennaio, non volesse essere il momento in cui rispondere alle polemiche sollevate dopo il viaggio in Israele, è apparso subito. Dopo pochissime battute Fini ha tagliato ogni indugio, ha fugato ogni dubbio :
" Oggi non siamo chiamati a discutere soprattutto di noi stessi, del nostro passato e della nostra attuale identità. Abbiamo un ordine del giorno assai più oneroso : indicare a tutta la società italiana le linee che la Destra intende porre al centro dell’azione di Governo nella seconda parte della legislatura, da oggi fino alle elezioni generali del 2006".
Come dire : poche storie, basta con l’ideologia, guardiamo in faccia la realtà e lavoriamo per l’oggi e il domani, non per il passato. E che ciò che premeva più a Fini fosse l’ottenuto riconoscimento nazionale ed internazionale risultava immediatamente chiaro, già dopo poche parole:
"La nostra piena legittimazione interna e internazionale è un successo che credo sia giusto dedicare a Pinuccio Tatarella..."
Fini, insomma, ha voluto guardare più a quanto AN ha fatto di destra nell’attuale governo che portare la discussione sul "male assoluto". Per questo ha ricordato che, per quanto riguarda immigrazione, scuola e droga, "i valori di AN si sono tradotti in precisi provvedimenti legislativi". Ci penserà poi Mirko Tremaglia ad entrare nel vivo della questione, ricordando come AN sia il completamento della storia del MSI e non la sua negazione. Tremaglia ha poi chiesto di proclamare la giornata nazionale in ricordo delle foibe, di ricordare all’altare della patria le medaglie d’oro Salvo D’Acquisto e Carlo Borsani; di riconoscere per legge lo status di combattenti per i militari della RSI. E se Franco Servello e Teodoro Buontempo evidenziavano i toni sfumati e la volontà di minimizzare il disagio interno al partito, Ignazio La Russa meglio di altri ha colto la situazione:
" Ma dobbiamo chiederci perché il nostro consenso elettorale non è mai andato oltre il dato di nascita di AN. A lungo una fascia di elettorato potenziale si è fermata sulla soglia di casa nostra, indecisa se bussare o meno, decidendo all’ultimo minuto di ripassare più tardi: Noi oggi possiamo sperare che quell’elettorato entri perché è ormai chiaro a tutti che a Fiuggi abbiamo fatto sul serio. Ma la condizione è essere intelligenti, fare una scelta di qualità nelle liste con cui presentarsi agli elettori e non perdere la nostra identità".
Insomma : la vera svolta non è stato né il viaggio di Fini in Israele né i suoi veri o presunti giudizi sulla "Buonanima". AN ha imboccato decisamente, almeno secondo le parole del suo presidente nazionale, la via della concretezza, dei fatti e non delle parole, anche se l’abilissimo La Russa, nelle parole appena ricordate, vira all’ultimo momento in direzione della difesa della propria identità. Un bisogno di pragmatismo che mette fine alle elucubrazioni mentali, agli appelli ideali, alla memoria storica, per guardare al quotidiano, ai programmi, ai voti. Al posto di "Dio, Patria, Famiglia" "Immigrazione, Scuola e Droga", i valori di AN tradotti in provvedimenti legislativi. Va da sé che Fini è personaggio troppo intelligente per imputargli di dimenticare valori, ideali, percorsi del passato per fissare l’attenzione solo al presente; va da sé che Fini non è né un "badogliano", come qualcuno dice
,né un opportunista in cerca solo di maggiore visibilità e potere. Bisogna riconoscergli il coraggio di voler portare AN nel terzo millennio dove, al di là della retorica insita nella frase, vuol dire fare di AN un partito moderno e non più solo un circolo di nostalgici, un partito che si misura sulle cose e che non resta mummificato nel ricordo e nella difesa di ideali e valori di un tempo, rispettabili e condivisibili fin che si vuole. E su questo, diciamolo pure, credo che tutti siamo d’accordo; d’altra parte - e non facciamo gli ipocriti - è il cammino già iniziato a Fiuggi. E chi lì non era d’accordo non è entrato nel nuovo soggetto politico che si andava costituendo. Il timore è, invece, che si passi dal considerare quei valori e quegli ideali ormai metabolizzati e che costituiscono - pur nella loro lettura storica - il nostro DNA all’acquisizione di nuovi valori, di nuovi ideali che nulla hanno a che spartire con la nostra tradizione. E questo timore è reale. Il pericolo dell’annaccquamento, che significa fare operazioni di facciata, proporre candidature accattivanti, assumere atteggiamenti e fare scelte che obbediscono al trend contemporaneo, apportare lifting improponibili ma utili solo ad aumentare i voti
questo pericolo è reale. Si avverte sempre più il pericolo di una berlusconizzazione, quasi in vista di una possibile, ma improbabile, sostituzione. Se questo dovesse avvenire non sarebbe solo la perdita della propria identità. Sarebbe uno scadere nel ridicolo.
Antonio F. Vinci