Facile fare giochi di parole con la Lega
Ma questa volta è proprio vero: la Lega si slega; si slega dall’alleanza con il Polo nelle elezioni provinciali e corre da sola anche nelle amministrative. Al grido "da soli, da soli", forse un po’ meno guerresco di "Avanti, Savoia!" o "eja eja, alalà", i leghisti vanno al voto. Ma, a dire il vero, il consenso non è poi così unanime, i plotoni sono meno compatti di quanto si creda. Infatti in alcuni centri della provincia quote considerevoli di appartenenti al partito di Bossi hanno deciso la strada della coerenza e si presentano come candidati nelle liste della Casa delle libertà. La conseguenza sarà l’espulsione dal movimento, certamente. Ma questi leghisti, da anni al lavoro con gli alleati del Polo, hanno deciso di continuare la lotta politica con gli alleati di ieri e di non cedere al successo, quasi inevitabile in alcuni casi, della sinistra. Perché di questo si tratta e non altro. Specialmente in quelle città al di sotto dei quindicimila abitanti, dove si vota con il turno unico, che senso ha andare al voto separati? Laddove si attua il doppio turno potrebbe avere senso, pur rischioso, di giocare pesantemente nell’eventuale ballottaggio per ottenere di più, per alzare la posta, ma dove questo non avviene è veramente una tattica, si fa per dire, che ricorda il marito che preferì evirarsi per fare un dispetto alla moglie. E ai leghisti, teorici del "celodurismo", questo confronto, magari non molto elegante, certamente sarà balenato in mente. C’è, poi, chi sostiene che se Umberto Bossi fosse in forma questo non sarebbe successo. Sarà, ma non mi sembra che il senatur brilli per un passato di grande coerenza. E poi i suoi colonnelli si richiamano proprio alla sua decisione, prima della malattia, di correre da soli; non se la sono certo inventata loro questa novità. Il fatto è che la Lega le gioca sempre tutte per stupire, per colpire avversari ed alleati, per tenere desta l’attenzione su un movimento che parla di Roma ladrona, ma nella capitale è al governo, gestendo il potere. Una strategia un po’ levantina, che può divertire per le sue improvvisazioni ma che mostra sempre più i suoi limiti, anche a livello di consenso elettorale. E’ pur vero che molti leghisti restano ancora affascinati da questi comportamenti, da questi salti della quaglia che permettono di salvare l’anima, di farli sentire sempre i soliti, quelli di una volta, che non si sporcano le mani, che restano "duri e puri". Ma fino a quando? Quanti ancora crederanno nel mito della diversità della Lega in campagna elettorale per poi essere a braccetto con gli altri abitanti della Casa delle libertà dopo le elezioni? E così andiamo a queste votazioni tra un panorama confuso, a dir poco, nella sinistra e un centro-destra che vive l’ultimo strappo della Lega. Una Lega che chiede coerenza e mantenimento degli accordi a livello nazionale e poi nelle amministrative lotta per la sua identità lasciando in "brache di tela" gli alleati. Perché, non ci vuol molto a capirlo, vero, che l’insuccesso della Casa delle libertà sarà anche l’insuccesso della Lega, pur mantenendosi nella sua virginale e incontaminata aura di purezza.
Antonio F. Vinci