In questi ultimi tempi il presidente di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, è sulla bocca, nella mente, ma non nel cuore degli iscritti al suo partito
Per bene che vada ci sono mugugni, venticelli che vanno gonfiandosi come la calunnia della famosa aria del "Barbiere di Siviglia" pronti ad esplodere prima o poi, proprio come un colpo di cannone.
Per molti, ormai, non c’è più nulla da fare : è il "traditore", che per quelli più nostalgici diventa il nuovo Badoglio
L’incompatibilità tra Fini e il partito sta esplodendo sempre di più, ogni giorno di più; e la goccia che ha fatto traboccare il mitico vaso è stata la presa di posizione nei confronti del referendum sulla fecondazione assistita e sulla dichiarazione del carattere diseducativo dell’invito ad astenersi dal voto. Un’affermazione che contrasta addirittura con quanto detto dallo stesso Papa e che ha fatto dire a Publio Fiori: ’’Si e’ verificata un’ incompatibilità assoluta tra quello che sostiene Fini e i valori del partito. Quindi o lui se ne va o annunceremo la morte di An’’.Nel bailamme che si è scatenato dentro, e fuori, AN solo Ignazio La Russa rimane imperturbabile, forte di quella capacità di smorzare i toni più accesi, di essere moderatore, di ricondurre tutto alle sue giuste proporzioni, che da più parti sempre gli è stata riconosciuta come la sua più grande virtù di politico.
Ma già su "Il secolo d’Italia" del 26 maggio Alessandro Campi, a proposito dell’ormai annoso e defatigante problema della cultura di destra, aveva scritto:
In realtà, Gianfranco Fini, che non è un intellettuale ma un uomo politico, in questi dieci anni ne ha fornite di occasioni di vero dibattito a un ambiente culturale vissuto troppo a lungo di nostalgie e di automatismi mentali, incline al sentimentalismo e alla retorica delle frasi roboanti ma spesso vuote, portato ad abusare delle lettere maiuscole (Valori, Patria, Tradizione, Ordine, Onore, Famiglia, Destra) nel segreto convincimento di dare così forza in Europa (e da ultimo sulla fecondazione assistita) ha sostenuto tesi per definizione opinabili, ma di grande significato, pienamente inserite nel dibattito contemporaneo e meritevoli di essere discusse a fondo. Toccando temi di grande delicatezza, Fini ha in fondo suggerito alla cultura della destra italiana la necessità d’interrogarsi su se stessa e sulla propria storia, in vista di un cambiamento che non fosse soltanto di facciata, ma reale e irreversibile, all’altezza dei tempi. Cosa è invece accaduto? Non un intellettuale, tra quelli più o meno vicini ad An, che abbia preso culturalmente sul serio le posizioni di Fini e abbia cercato di dare loro una cornice argomentativa, storica, "ideologica", adeguata. Ogni sua sortita è stata accompagnata, al contrario, da distinguo e mugugni. Da accuse più o meno velate di "tradimento", questa autentica sindrome della destra italiana cogente ai propri argomenti. Lo avrà anche fatto, come si dice da più parti, in modo occasionalistico, seguendo solo il proprio istinto e senza circondarsi di Consiglieri del Principe, ma il percorso che ha delineato, di strappo in strappo, è comunque chiaro per chi culturalmente voglia trarne delle conseguenze. Su fascismo, ebrei, multiculturalismo, immigrazione, dialogo con il mondo islamico, ingresso della Turchia.
Un Fini, insomma, che guarda avanti, che ha capito dopo e meglio di Fiuggi cosa fare della Destra italiana, come traghettarla verso il futuro, anche se la sua voce rischia d’essere ormai la biblica "vox clamantis in deserto".
Un Fini che anticipa i tempi, che rompe schemi, frasi fatte, concrezioni sclerotizzate
Indubbiamente una tesi interessante e, perché no, probabile. Comunque sempre meglio di quella che vede Fini come un traditore, di chi intravede dietro queste uscite
strani giochi, che si chiamano "lista Fini" o nuove formazioni politiche. A noi piacerebbe che questa fosse la realtà: l’algido Fini, che non tradisce mai emozioni, stufo delle incomprensioni all’interno del partito, probabilmente consapevole d’essere il "presidente mastice" ( lì solo perché riesce a tenere buone ed unite le correnti); che decide di fare il battitore libero. Un presidente che provoca, semina dubbi, crea strappi col passato, nell’interesse di un partito che appare ingessato, addormentato. Ci piacerebbe. Ma non è così.
O per lo meno i risultati non sono quelli attesi.
Quello che sta avvenendo non sta facendo crescere il partito, ma piuttosto lo sta indebolendo, all’interno come presso l’elettorato. Non si stanno seminando dubbi che portano a nuove elaborazioni, a fermenti di discussione, a nuove riflessioni : si sta seminando lo sconcerto.
E’ pur vero, però, che a chi obietta che bisognerebbe che Fini almeno dicesse le sue reali intenzioni chiaramente, qualcuno potrebbe rispondere fin troppo facilmente che proprio così, senza preparare l’elettorato, si sortiscono gli effetti dirompenti migliori.
Ma non è così.
Il Presidente di un partito incarna gli ideali, i valori dei suoi elettori; è la loro guida, non il loro maestro, né il supremo sacerdote possessore di verità intangibili, per altro smentendo autonomamente il patrimonio culturale recente del partito stesso.
Non siamo profeti, non sappiamo leggere nell’animo degli uomini, ma non credo che Fini sia né un traditore né uno che lavori per qualcosa fuori di AN. Come ha recentemente ricordato, ma nessuno pare che voglia ripeterlo, la sua storia è tutta iscritta dentro il partito.
Forse Fini vuole veramente scuotere il partito, infliggergli una dose di purgante da cavallo ma, come è fin troppo facile osservare, una dose troppo potente potrebbe essergli fatale. Le diverse "uscite" di Fini forse davvero vogliono portare il partito ad essere più moderno, più laico, più aperto alle istanze che urgono quotidianamente; e quindi meno conservatore, meno legato ad un passato ancora non del tutto metabolizzato. Forse Fini è più avanti dei suoi "colonnelli", del suo elettorato, dei suoi militanti, anzi sicuramente. Ma "il modo ancor m’offende"
Perché, andando avanti così, chi lo seguirà? E non solo all’interno del partito, ma anche in una sua collocazione (a nostro avviso molto improbabile) esterna. Fini nuovo leader post Berlusconi? E a capo di che? Con quali uomini? Chiaramente non lo seguirebbe la Destra di oggi su quelle sue nuove posizioni, né lo accetterebbe un centro della CdL orfano di Berlusconi, perché vedrebbe in lui un leader dai rapidi cambiamenti ideologici, troppo pericoloso.
Capisco il cammino di Fini, anche se non lo condivido del tutto; non capisco e non condivido il suo metodo.Fini a colpi di piccone sta sbozzando la Nuova Destra, ma non sta creando dietro di sé il consenso a questa operazione, anzi sta seminando incertezza, rabbia, scetticismo. Deve portare al raggiungimento di obiettivi chiari per tutti, altrimenti è solo un gioco di provocazioni. Ma di provocazioni
Fini
a se stesse non abbiamo bisogno.
Ma non crediamo di dover insegnare queste cose a Fini
Insomma, tanto per esser chiari.
Credo che:
- Fini sappia fin troppo bene quello che fa;
- Fini, al di là di errori tattici, stia delineando, da tempo ormai ma in via del tutto solitaria,la sua concezione della Nuova Destra, convinto che il Partito e i militanti lo seguiranno;
- Sia necessario che Fini ci spieghi come e dove vorrà aggregare il consenso dietro queste nuove posizioni che, periodicamente, esterna in via del tutto solitaria.
Una cosa, però, è certa in questa pirandelliana vicenda : nel partito non siamo ancora nella fase della elaborazione, ma almeno si litiga. Litigio dopo litigio un nuovo futuro per AN potrebbe nascere.
Ancora una volta, al di là di operazioni politiche fallimentari, improvvise, incomprensibili ai più
e se Fini avesse ragione
?
Antonio F. Vinci