Era il 18 luglio 2005 quando le Agenzie di stampa battevano la notizia che Fini azzerava i vertici, decapitava i colonnelli; si parlava di terremoto in AN e di resa dei conti. La revoca avveniva nei confronti dei vicepresidenti, dei componenti dell’ufficio di presidenza, dei coordinatori regionali. Fu la rivoluzione della caffetteria, ricordate?
Si vede che luglio è il mese di Fini
Ad un anno esatto da allora, il 18 luglio scorso, del 2006 questa volta, Fini ha dato lettura all’Esecutivo del Partito di un suo documento che rivoluziona AN. Non solo. Non temendo le ricorrenze storiche, convoca l’Esecutivo nuovamente per il 25 luglio prossimo. Ah, questo 25 luglio, così presente, così ricorrente
Il testo che Fini ha letto all’esecutivo consta di ben 18 pagine ed è stato redatto in collaborazione con Adolfo Urso e Pasquale Viespoli.
Il testo? Una rivoluzione! Sì, la nuova rivoluzione in Alleanza Nazionale. La nuova Fiuggi si presenta densa di contenuti, aspettative, punti fermi.
Prima di tutto:
"la CdL come l’abbiamo conosciuta non esiste più e va ripensata; ma c’è metà Italia, la più dinamica e produttiva, la più vicina all’Europa, che sente d’essere un "popolo" e si colloca nel centrodestra, senza più trattini e distinzioni". AN si deve preparare al processo unitario, che diventa ora un punto di arrivo e non di partenza; AN come "partito-polo", capace di "rappresentare ed esprimere un’area vasta e plurale, di culture e sensibilità diverse, cattoliche, liberali e nazionali". Il documento di Fini mostra un’analisi sociologica e politica insieme, con frequenti riferimenti agli ambienti europei. E così si passa dalla citazione della Spagna del Partido Popular alla Scandinavia con il leader dei conservatori Fredrik Reinfeldt, dalla Francia di Sarkozy alla destra inglese, alla destra polacca. L’Europa, infatti, è la sua stella polare e al PPE Fini guarda con attenzione, come al naturale traguardo del suo partito: AN dovrà entrare nel PPE. AN deve diventare sempre più un partito di respiro europeo. E questa non è certo una novità nel linguaggio della Destra, ma ora diventa la condizione senza la quale la Destra moderna non nasce. Fondamentale l’affermazione che:
"la destra deve costruire anche in Italia una nuova alleanza sociale e morale, di interessi e di valori, come hanno fatto i leader conservatori nella "rivoluzione blu" degli anni Ottanta e i nuovi protagonisti del "conservatorismo compassionevole" contemporaneo". Una nuova alleanza che deve vedere insieme le categorie fondanti della nuova Destra:
- i produttori di reddito e cioè operai, piccoli e medi imprenditori, artigiani e professionisti e ovviamente anche commercianti e agricoltori;
- i produttori di valori e cioè le casalinghe e i pensionati, con la difesa del nucleo familiare;
- i produttori del futuro e cioè i giovani.
Piccola, maliziosa, osservazione sul lessico usato dal Presidente di AN. Produttori. Quando, nel 1918, Mussolini tolse da "Il Popolo d’Italia" il sottotitolo "Quotidiano socialista", vi sostituì quello di "Quotidiano dei combattenti e dei produttori"
Oggi i combattenti non ci sono più, se non come Forze di pace all’estero, ma i produttori ritornano
Dovrebbe poter bastare ai nostalgici che guardano a Fini come a chi dimentica il passato
Ma torniamo al documento.
Fini lancia il tema della democrazia economica come caratterizzante Alleanza Nazionale; i temi "della partecipazione e della sussidiarietà quali punti di convergenza tra cultura nazionale, cattolica e socialismo riformista". Il testo è molto lungo, ma il tema del "conservatorismo compassionevole" o, come lo chiama più giustamente e in modo meno lacrimevole Fini, il "conservatorismo solidale" diventa la sfida per il futuro.
Conservatorismo compassionevole
Ecco, qui sta la vera novità del documento. Non che sia la prima volta che si parli di "conservatorismo compassionevole" o, meglio, "conservatorismo solidale".
Chi segue il dibattito interno alla Destra ricorderà che già nel 1999 fu pubblicato un libro con il titolo "Rivoluzione blu", scritto a più mani da Cannella, Di Lello, Respinti e Torriero. Esiste tuttora un sito, rinato nel maggio 2005, che diffonde queste idee (www.rivoluzione-blu.it) e che ora certamente rivivrà di nuovi impulsi.
Ma, dunque, cos’è questo "conservatorismo compassionevole"?
Sul "Il Domenicale" del 7 maggio dello scorso anno Raffaele Iannuzzi recensiva il testo fondamentale di Marvin Olasky, Conservatorismo compassionevole, pubblicato con la prefazione di George W. Bush jr. per i tipi della Rubbettino. Iannuzzi scrive: "Occorre immediatamente mettere mano al vocabolario e tradurre bene: " compassione" non sta per flebile carezza sulla guancia del sofferente, né per testimonianza fine a se stessa, priva di sbocco politico e progettuale. La compassione deriva dal latino cum-pati, soffrire assieme, e indica un’azione in cui giocano efficacemente sia la coscienza individuale sia l’etica della responsabilità. Il livello di cui parla Olasky è il frutto di una sintesi che spiazza vigorosamente le barricate ideologiche novecentesche per ritrovare i bisogni concreti della persona umana. E questi bisogni non vengono stimati importanti solo in quanto materiali, ma assumono contorni globali, unitari. Si sta parlando, qui, della persona nel senso cristiano del termine, unità di corpo e spirito". Il conservatorismo compassionevole, come idea base, porta al coinvolgimento di tutti gli appartenenti alla società, in uno spirito religioso ma non confessionale, valorizzando la responsabilità individuale con l’attenzione verso i più deboli. Un conservatorismo che è vicino al solidarismo senza, però, essere assistenzialismo; un conservatorismo che è solidarismo o, come si usa più frequentemente dire, sussidiarietà. Meno Stato più privato, più associazioni no profit, più partecipazione individuale, più attenzione alla persona.
La posizione di Forza Italia
Il documento di AN viene esaminato, ovviamente, da più commentatori politici. Interessante diventa - a questo punto - sentire l’opinione di Sandro Bondi, Coordinatore di Forza Italia. Perché? Perché proprio Forza Italia s’è fatta portatrice di questi valori, ha propagandato il conservatorismo compassionevole sulla sua stampa, lo ha fatto conoscere al suo pubblico. Ebbene Bondi su "Italia libera", Bollettino settimanale di analisi, a. I, n.9, così scrive: "A questo punto, però, non può che emergere, dal contesto dell’analisi del documento, una domanda, ineludibile: cos’è, oggi, infine, la destra? E’ possibile azzerare il mondo culturale della destra, nelle sue molteplici forme e declinazioni, così, sic et simpliciter, aprendosi al "conservatorismo compassionevole" anglosassone, che non ha radici in Italia? Si badi: questa formula politica, che non è molto complessa, può anche trovare riferimenti politici nel nostro paese, ma come fare ciò, senza prima aver ripetuto e superato una storia, con i suoi contorni e i suoi limiti?" (
) "Il documento, in conclusione,aspira ad una "destra inclusiva", secondo la formula, ben nota negli ambienti anglosassoni, dell’inclusive language, ma una destra cosiffatta, così prossima alla matrice liberal è ancora una destra nazionale e tradizionale? Cioè, è ancora una proposta politica conservatrice-popolare o rimane appesa, come i caciocavalli, nell’astratto cielo della progettazione politica di vertice? A meno che, questa marcia culturale e politica di Alleanza Nazionale non trovi uno sbocco naturale nel nuovo soggetto politico dei moderati e dei riformisti, il nuovo partito della Libertà, lascito storico dell’impresa politica di Silvio Berlusconi. Allora sì che questo travaglio culturale può avere anche un valore politico stringente e lungimirante. Io sono convinto di sì".
Conclusioni
Alleanza Nazionale e Fini sono avvertiti: che non credano di fare alzate di testa, sembra dire Bondi. Se proprio AN vuole cambiare, che lo faccia nell’ambito del nuovo partito unitario, ben segnato dall’orma di Silvio Berlusconi. Anche perché - e qui Bondi maliziosamente mette sull’avviso Fini - diversamente rischia d’essere un’operazione di vertice. Che ne penserà la base, gli elettori, di quel "caciocavallo"?
Ora l’amichevole apprensione di Bondi si può capire... Eppure io credo che AN abbia le carte in regola. Forza Italia legittimamente sente odore di pericolo; probabilmente teme che AN possa avere un successo che le tolga consensi. AN viene da lontano: ha già fatto il suo percorso, il suo - doloroso - viaggio nel deserto. La vocazione sociale di AN non è una scoperta di questi anni; la vocazione di partito laico ma non laicista non è di oggi. Va da sé, però, che questa operazione va meditata, fatta capire, spiegata, guadagnata dall’elettorato, perché è del tutto nuova per tutti. O quasi.
Quale Destra, dunque? Le parole del documento sono chiare, anche se con qualche indulgenza di troppo ad espressioni inglesi. Alleanza Nazionale, in sintesi, si propone proprio come
un’ alleanza nazionale
, coniugando le nuove classi sociali, il loro apporto, i loro valori. Un’alleanza che tenga unite l’anima popolare e quella nazionale. Quanto sono lontani i tempi della pura nostalgia
della difesa dei ceti statali
di un corporativismo che non fa crescere il Paese. Fini, come molti ricordano, non sempre l’ ha azzeccata
Ci ricordiamo i suoi insuccessi politici, ma la politica si scontra con la quotidianità che cambia sotto i nostri occhi e spesso non riusciamo a coglierla.
Fini vuole cogliere questa realtà che cambia così velocemente; e vuole interpretarla: "Il welfare state è in declino; per costruire la welfare community occorre valorizzare la cultura della sussidiarietà ampliando un welfare opportunity che consenta un passo diverso all’ingresso della donna e dei giovani nelle istituzioni e ovviamente nei partiti, nel mondo del lavoro e della produzione". Già ci sono in giro i primi "mal di pancia", i primi distinguo ed è, ovviamente, giusto che ci sia una sana critica, un dibattito all’interno del partito. Non sarà facile far digerire ai militanti e a buona parte degli elettori la nuova concezione dell’accoglienza nell’ambito del partito; un’Alleanza Nazionale che sia un partito "accogliente", il partito della "modernità responsabile", della "modernizzazione inclusiva". Un’accoglienza che non significa solo attenzione al mondo dell’immigrazione ("per il riconoscimento a certe condizioni del diritto di voto amministrativo" e "una riflessione sul riconoscimento della cittadinanza ai figli degli immigrati nel rapporto tra ius sanguinis e ius loci"); ma soprattutto accoglienza di altre istanze, attuali, della società di oggi. E qui si sottolinea la necessità di recuperare "quel rapporto con i "produttori di idee" che gli anni di governo hanno esaurito invece di esaltare". Chi scrive è nato politicamente quando il MSI era governato da Michelini
la preistoria del partito
e quindi è anagraficamente legato al ricordo di eventi, simboli, persone
Molti sono legati a quel passato, anche tra i giovani che non l’hanno vissuto, ma la Storia, proprio quella con la "s" maiuscola, non aspetta. Non si tratta di svendersi, anche se il pericolo c’è; non si tratta di abbandonare valori ed ideali, anche se il pericolo c’è; non si tratta di diventare di centro o morire democristiani, anche se il pericolo c’è.
Leggere nella società con gli occhiali dei nostri ideali, ma leggere; interpretare la società con gli occhiali dei nostri ideali, ma interpretare. Diversamente non si rischia, ma sicuramente si finisce per perdere il senso della storia, della politica, della vita.
Antonio F. Vinci