Ancora una volta: rieccoci. Ormai, dopo i ritardi nella pubblicazione del nostro giornale, è diventata quasi un’abitudine scusarci con i lettori per il disguido. Il fatto è che ci si chiede sempre più spesso se valga la pena prendere posizione, parlare di politica, affrontare la situazione! Un attacco di scetticismo ci assale sempre più frequentemente di fronte allo spettacolo che ci circonda e in cui siamo spesso solo puri spettatori, "pupi" direbbe Pirandello... E non perché ci si voglia considerare "puri", non coinvolti perché chiusi nella nostra torre d’avorio, al riparo dell’immoralità dilagante; no, ma perché si è sempre più marginalizzati, non tenuti in considerazione, sbeffeggiati dai politici ( da qualsiasi parte provengano). Antipolitica? Sì, perché? Non vergogniamoci se ci accusano di antipolitica, anzi. Tutt’al più - e questo mi sembra doveroso oltre che corretto - dobbiamo parlare di antipartitismo, di questo partitismo. Perché la politica va perseguita, va praticata, va attuata. Se la politica è la vita quotidiana, l’esercizio del mettersi al servizio della comunità, essa è passione, volontà di essere comunità. E come tale va fatta, va insegnata, deve essere fatta amare. Invece continuiamo a parlare di antipolitica, ingenerando confusione e qualunquismo : non è la politica che va rifiutata, ma la cattiva politica. La politica di coloro che, dopo aver affossato per decenni l’Italia anche (va riconosciuto) con il nostro complice silenzio, adesso si ergono a moralisti, a salvatori della Patria. La politica di chi crede di salvare il Paese aumentando le tasse in modo indiscriminato, per coprire il buco del deficit (quanti continuano a ricordare che così si ammazza il malato? Il tutto, ovviamente, viene inascoltato). La politica di chi crede di curare la malata Italia facendola ritornare di colpo a livelli di vent’anni fa, come se la storia potesse essere cancellata. Rassomigliano questi politici a colui che rimase stupito di veder morire il proprio asino, proprio quando "finalmente" si stava abituando a non mangiare
La politica di falsi moralisti, di coloro che solo ora si scandalizzano dell’inserimento nelle liste elettorali di personaggi che poco avevano a che fare con la politica, dimenticando i loro parenti, amici e benefattori che a vario titolo hanno gratificato, inserendoli nel bosco e sottobosco politico. Come avere fiducia in una classe politica che non ha avuto il coraggio di dare un segnale a un Paese in grave difficoltà economica. E non si dica che diminuire lo stipendio di parlamentare o di consigliere regionale abbia bisogno di una prassi lunga, una legge specifica, ecc. ecc. : bastava autodiminuirsi il proprio stipendio, devolverlo alle necessità dei nuovi poveri o dei terremotati o ad un fondo per i giovani. Non si è voluto, perché ognuno pensa alla propria pagnotta. Eppure si chiedeva e si chiede un segno, solo un segno!
Ora si respira già aria di elezioni. Ora assisteremo sempre più allo stracciarsi delle vesti, ai tentativi di ripresentarsi al popolo italiano con un nuovo look. Come se bastasse cambiare nome, fare qualche nuova alleanza, qualche nuovo inciucio, inserire qualche faccia nuova. Certo, non tutti i politici sono così; certo, non tutti sono da condannare. Sarebbe ingiusto e ingeneroso. Ci sono uomini e donne dei diversi schieramenti che veramente si adoperano per il Paese. Sì, ma quanto incidono nella vita pubblica? Tempo fa si coniò il termine di peones, per definire quegli onorevoli che contavano poco o nulla. Nulla è cambiato. Si è coniato il termine di casta; è stata accettata, subita, come una definizione, una realtà che possiamo solo subire.
Che fare?
Tornare a fare politica, ognuno nel suo piccolo. Prendere coscienza della situazione; abbandonare - se è il caso - il falso dogma della fedeltà al proprio partito, se il partito ti tradisce, e cambiare. In qualche modo cambiare. I partiti sono un mezzo non il fine della politica. Se un partito, se i suoi rappresentanti a nostro avviso hanno tradito o si sono resi complici, anche passivamente, di una situazione che non sembra vedere la luce in fondo al tunnel, beh si cambia. Si cambiano i compagni di viaggio, perché noi il viaggio vogliamo farlo. Si lasciano gli ex amici, se non ci fidiamo più. Il viaggio è aspro, pericoloso, irto di difficoltà. Il viaggio è la nostra vita politica e sociale; e noi vogliamo farlo. In modo diverso, con nuovi compagni o anche da soli. Ma non ci faremo più prendere in giro da presunte fedeltà ad ideali, valori, tradizioni che quotidianamente vengono traditi proprio da chi fa appello alla nostra fedeltà. Cambieremo per continuare; non lasciamo la casa del padre per tradire il padre, né -ovviamente - per dimenticare la nostra storia, i nostri ideali.
Noi non ci lasceremo sopraffare dallo sconforto.
Per questo continueremo a fare politica. Per questo riprendiamo la pubblicazione del Barbarossaonline.
Antonio F. Vinci