MUSSOLINI NON E’ DE GASPERI
"Mussolini? No, grazie: meglio De Gasperi ...". E’ più o meno in questi termini che il Presidente di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini si è recentemente espresso dinanzi ad alcune telecamere, e buona parte della comunità della destra italica è oggi in rivolta a partire dall’ on. Alessandra Mussolini che sembra inferocita dinanzi a un così grave affronto alla figura del nonno, che rappresenta per tanti quel legame con un passato non tutto da criminalizzare e rinnegare. E francamente non si può dar loro troppo torto, anche se di certo l’ on. Fini forse non voleva essere così categorico, proprio perché lui stesso ha sempre espresso pareri più che benevoli verso il padre del Fascismo; ma la domanda rimane: perché "sputtanarsi" dinanzi a mezza nazione con affermazioni personali così a "rischio" da una parte e così "rassicuranti" dall’altra? "Verba volant", dicevano i latini, ma non sempre le parole sono come fuscelli nel vento, soprattutto per chi non accetta le manovre e le congiure di palazzo, la corsa a poltrone e cariche cui sacrificare tutto e di più, persino l’onore e l’orgoglio, quando non il coraggio, di non lasciarsi suggestionare da una Storia comunque sempre dalla parte dei vincitori e mai dei vinti di ieri. L’obiettivo è la Farnesina o rappresentare l’Italia nei prossimi impegni europei o magari mondiali? O in vista dell’annunciata visita ai luoghi santi a Gerusalemme? Mi sembrano spiegazioni un po’ scontate e facilone anche se una punta di verità potrebbe esistere e soprattutto perché quel ripugnante ambiente che è quello del gioco politico, non quello delle idee, deve far per forza sacrificare qualcosa onde arrivare a determinati obiettivi, ora che si è partito di governo e i propri leader ai massimi vertici delle istituzioni. Qualcosa però non torna nel conto e non intendo solo le parole del Presidente che con questo può aver sottolineato un proprio parere o una battuta o magari una frase da consumato "politico" che deve raggiungere obiettivi prioritari quale il ruolo del centro-destra e soprattutto della Destra all’estero sconfiggendo con questa i tentativi di criminalizzarla da parte delle solite, solitissime sinistre che dell’anti-fascismo militante hanno fatto l’arte della sopravvivenza ora che i loro miti sono quasi tutti scomparsi e che una profonda crisi ne divide le fila. Il problema non è lui, il Presidente di A.N., ma colui che ancora una volta è al centro dell’attenzione e cioè il Duce e la sua controversa figura di rivoluzionario e statista. Un uomo, dunque, con le sue caratteristiche e le sue contraddizioni che però, nonostante tanti tragici errori commessi, per vent’anni è stato oggetto d’idolatria quasi sfrenata e che ha nel bene o nel male cercato di dare all’ Italia un prestigio di cui mai essa ha goduto dalla Roma dei Cesari e che ha forse per la prima e unica volta nella Storia recente, cercato di "fare" gli italiani. Perché ci si scandalizza se si ammira la figura del Duce nei suoi aspetti più costruttivi e non succede la stessa cosa tra coloro che sventolano il libretto rosso di Mao o le t-shirt radical chic di Che Guevara o di Fidel quando non di Stalin e Lenin? Perché non è politicamente corretto analizzare con consapevolezza il percorso di un uomo nato socialista e poi diventato rivoluzionario per poi finire statista e infine delegittimato e fatto penzolare malamente da Piazzale Loreto da quei "partigiani" che in infiniti casi avevano appena fatto sparire le prove che li vedevano fascisti fino a pochi mesi prima? Perché forse il suo fantasma incute timore ben più degli altri esempi storicamente negativi quali Hitler che mai aveva posseduto quell’impeto realmente rivoluzionario del fondatore dei Fasci di Combattimento di cui era emulo allievo, la sua solarità, il suo senso dello Stato visto come Patria e come culla culturale delle masse e non come semplice alternativa al Comunismo o al Capitalismo. E numerose furono le idee di Mussolini statista che lo resero popolare anche tra le classi meno abbienti, che non erano ancora state illuse dalle ideologie che provenivano dall’Est. Un personaggio che, proprio per le sue caratteristiche positive che fino al 1938 erano state entusiasticamente accettate dalla stragrande maggioranza degli italiani e che godevano della stima mondiale, spaventa ancor oggi i burocrati senz’anima dell’ Italietta di ieri e di oggi che vagano nei Ministeri, che scorrazzano nell’ambiente politico nazionale e internazionale, gente educata ad essere servile e a corteggiare poltrone e di certo vuota da ogni punto di vista ideologico. L’Italiano deve continuare ad essere nel mondo, per molti, quello che l’immaginario collettivo vuole che sia: divoratore di pizza e di tortellini, bevitore di grappa e Chianti, cinico e sciuscià, sarto e costruttore di auto di lusso, albergatore e ruffiano, mafioso e arrivista: Mussolini lo rese orgoglioso trasvolatore, scienziato insigne, soldato eroico, perno degli equilibri dell’Europa e del mondo. E questo a molti non piace proprio per una sorta di abitudine alla sudditanza agli altrui interessi, sia interni che esterni, e in nome di un equilibrio che spesso odora di delegittimazione piuttosto che di consapevolezza di sé e del proprio ruolo. Nell’ambiente del giornalismo politico ho sentito inoltre una voce di corridoio che vuole Fini "sacrificare" le sue dichiarazioni e la sua militanza antecedente Alleanza Nazionale, per esser valutato positivamente dagli Stati Uniti con la fortissima comunità di origine italiana e da Israele che fino ad oggi, e in nome di supposte simpatie estremiste inesistenti, ha posto il veto alla visita ufficiale del Vice premier a Gerusalemme. Io ho da tempo sostenuto, quando esse risultavano di interesse per l’Italia, le ragioni di Israele in un ampio contesto geopolitico che ci riguardava anche da vicino ma questa storia non può protrarsi all’infinito con una valutazione eccessivamente severa del ruolo del Fascismo nella tragica vicenda dell’Olocausto. Se sono esistiti i Preziosi, noto antisemita, o i rinnegati che giurarono fedeltà a Hitler, sono esistiti anche i Perlasca che, fascista fino all’ultimo, ne salvò a migliaia dalle grinfie degli Einsatzgruppen e dai campi di sterminio. Se sono esistiti Hitler e Himmler, Eichmann e Muller sono anche esistiti personaggi come Mussolini che nonostante l’ignominia delle leggi razziali contribuirono segretamente alla salvezza di migliaia di cittadini di religione ebraica sia in Italia che in Francia che in altre aree occupate dai nazisti che in realtà ostacolavano. Con questo non si chiede a nessuno di dimenticare ma, al contrario, di ricordare sempre gli eccessi della politica e delle idee viste sotto il loro aspetto più estremo così come gli aspetti positivi dei personaggi che fecero la Storia. Ma farlo significa agire nella ricerca della Verità e non per motivazioni molto meno nobili dettate dalle convenienze del momento. Mussolini, dunque, nonostante tutto.
Fabrizio Bucciarelli