Il malessere di an - Numero 19

IL MALESSERE DI AN

Lo andiamo dicendo da tempo, e non siamo gli unici. In AN c’è un malessere, diffuso, sordo, latente, che prima o poi verrà fuori con tutta la sua carica dirompente, come un’eruzione lavica. Hanno iniziato i franchi tiratori durante l’approvazione della legge Gasparri; ha proseguito Storace con le dimissioni dall’Esecutivo nazionale. Ma la fronda immancabilmente, dopo un po’ di buriana, rientra, come sempre. Fini riporta tutti a casa. Perché Fini, al di là delle riconosciute grandi capacità personali, il prestigio, l’immagine che offre di sé fuori del partito, è soprattutto in AN un grande catalizzatore. Il Presidente riesce a far stare insieme Alemanno e La Russa, Gasparri e Storace, Matteoli e Viespoli. Il problema è : fino a quando? Ciò che preoccupa i colonnelli di AN, non tutti ovviamente, è la crisi di identità. Certo non è un problema solo di AN, perché la propria identità la va cercando la sinistra, ricostituendo o riaffermando le sue diverse componenti, i cattolici che si stanno riorganizzando come forza di centro, la Lega. Tutti hanno paura dell’omologazione, d’essere confusi e schiacciati dall’alleato più forte. Forza Italia, ad esempio, che è il partito più consistente della Casa delle libertà, non teme omologazioni, non va in cerca di una sua identità, ma di una struttura, un modo nuovo di essere partito, il partito leggero. Ma torniamo ad AN. Grandi manovre sono in atto; la stampa ce ne rende edotti ogni giorno. Dai franchi tiratori alle dimissioni di Storace, da patti segreti tra AN e UDC per contare di più in un rimpasto di governo che si vuole per gennaio alle dichiarazioni dei diversi big di AN per avere maggiore visibilità, spuntando nuovi posti, nuove poltrone, nuovo potere. A danno della Lega, soprattutto. Il fatto è che la Destra italiana, dopo essere uscita dal frigorifero nel quale era stata tenuta per decenni, dopo essere stata "sdoganata" da Berlusconi, ora gestisce il potere, ma sottodimensionata rispetto alla sua forza. Ma soprattutto quel potere lo gestisce senza una propria fisionomia, facendo il controcanto al Cavaliere. Forse non è del tutto vero, ma è quello che percepisce l’elettorato. E in politica, molte volte, conta quello che appare, non quello che è. AN si muove tra l’apparato, almeno in parte, del vecchio MSI e la nuova realtà che è fatta di elettori, ed eletti, che nulla hanno a che spartire con il vecchio partito di Michelini ed Almirante. Gli elettori di AN, molti, come pure alcuni degli eletti a senatore o a deputato, hanno una storia diversa da quella dei militanti, un passato antifascista, più o meno tiepido, ma comunque utile per una presentazione di perbenismo. I giovani, specialmente, accusano il partito di "tradimenti", di dimenticare un passato in cui si contava poco, ma si era "duri e puri". I vertici del partito non dicono ma fanno intendere che il cambiamento è necessario nell’ottica d’essere partito di governo. Questo è il prezzo del potere. Ormai questo lo sanno tutti, ma ancora ci si meraviglia di certi appiattimenti. I Congressi di Fiuggi, di Verona, di Napoli, le dichiarazioni dei vertici hanno sancito la svolta, hanno dato una rilettura del passato, hanno elevato condanne contro la dittatura, le leggi razziali, hanno esaltato i valori della Resistenza…Ma ancora molti si ostinano a fare il saluto romano ( e parte il paterno scappellotto di La Russa); in molte sezioni resistono i ritratti del Duce, di Ettore Muti, i libri di Evola; il 28 ottobre viene ricordato con pellegrinaggi a Predappio : il tutto con un fare da congiurati, da abitatori delle catacombe, ma c’é. E’ il dramma di un partito che non ha ancora fatto, al di là di quello che si dice, veramente i conti con la storia. Si vuole chiudere con il passato, ma non si riesce; si dice "né rinnegare né restaurare" e si sta in mezzo al guado. I più "avveduti" si rendono conto che si può rimanere "fascisti" o missini, ma dentro: fuori è un’altra cosa. O si ritorna a percentuali elettorali risibili o si resta il secondo partito della coalizione, a costo di sacrifici, di qualunque genere. Chi ha detto che l’ideologia è morta? In AN è ancora di questo che si discute. Provate ad andare nelle sezioni e vedrete. L’elettorato di Destra è incerto; le elezioni non vanno sempre come si vorrebbe, perché la gente, nell’incertezza, preferisce passare a FI o all’UDC ( si stanno segnalando "interessanti" movimenti dell’elettorato in questa direzione…). Ed ecco che è crisi di identità. Perché se non sappiamo più qual è il nostro retroterra culturale, ovviamente ci si inventa giorno per giorno una strada vagamente di Destra, un po’ liberista un po’ sociale, un po’ berlusconiana un po’ attenta alle categorie più deboli, un po’ nazionale un po’ federalista…Fare i conti con la storia. Avere coraggio. E su questo costruire la vera Destra.

Barbarossa