L’Italia che non vorremmo contro-revisionismo in televisione - Numero 15

L’ITALIA CHE NON VORREMMO
CONTRO-REVISIONISMO IN TELEVISIONE


Scene di ordinario antirevisionismo storiografico in tv. Primo atto. Programma "Ballarò", su Rai3, condotto da Giovanni Floris. Si parla di devoluzione. La tesi che si vuol fra emergere è chiara: il federalismo "alla Bossi" spacca l’Italia. Il pubblico "indignato" rumoreggia appena il ministro La Loggia apre bocca. Niente di nuovo. Lo stile è quello della gogna televisiva (naturalmente contro la destra). Stile Santoro. A fine trasmissione, però, il colpo di scena. Entra un anziano signore. Ha un fazzoletto rosso al collo. Floris lo presenta. Il simpatico vecchietto è un partigiano. Inizia l’intervista. La tesi sostenuta dall’ospite è che bisogna preservare l’unità della Patria contro ogni rischio di disgregazione nazionale. Okkio, dunque, ai propositi di Bossi. Il partigiano delle Brigate Garibaldi ricorda che anche la Resistenza difese l’Italia dall’occupazione nazista. Floris chiede: "Lei dove ha combattuto nel 1944-45?". "In Jugoslavia", risponde il partigiano. Floris è soddisfatto: "Penso non ci sia più nulla da aggiungere", conclude. Aggiungiamo noi qualcosa, allora. Il partigiano ha combattuto in Jugoslavia, giusto? Ma lì non combattevano le Brigate partigiane comuniste del maresciallo Tito? Il partigiano (e Floris) hanno dimenticato di ricordare questo piccolo particolare, che però è determinante. Ma come, Floris invita un partigiano per dimostrare che ha difeso l’Italia e poi non dice che combatteva con Tito, che stava cercando di occupare con le sue truppe Trieste e Gorizia? Alla faccia dei sacri confini della Patria! Lo stesso Tito che poi si è reso responsabile degli eccidi delle foibe, cioè della pulizia etnica antitaliana. Caro Floris, lei invita un partigiano titino per dimostrare che i propositi federalisti della Casa della Libertà sono pericolosi. "Ma mi faccia il piacere", direbbe Totò. Come affermerebbe lei: "Non mi sembra ci sia altro da aggiungere". Appunto. Atto secondo. Cambiamo canale. Passiamo su La7. Qui il sabato sera c’è un programma ideato e condotto da un giovane storico, Sergio Luzzatto. Si intitola "Altra storia". Mai titolo fu più sbagliato. Infatti la storia raccontata da Luzzatto è sempre la stessa, è quella che Renzo De Felice avrebbe definito "la vulgata resistenziale". Insomma, una rappresentazione caricaturale del fascismo. Anche il colonialismo fascista (notoriamente meno violento di quello degli altri stati europei) diventa la massima barbarie. C’è un filmato sulle rappresaglie fasciste in Jugoslavia durante la Seconda guerra mondiale. Immagini terribili. Gesti di guerra da condannare. A commentare in studio con Luzzatto i filmati c’è Bruno Bottai, ambasciatore e figlio del gerarca fascista Giuseppe Bottai. Dopo le prime domande l’imbarazzo trionfa. Luzzatto incalza Bottai, forse vuol fargli dire: "Sì, mi vergogno per quel fascista di mio padre". Ma non c’è la fa. Bottai cerca di introdurre nel discorso qualche elemento di comparazione, che farebbe compredere meglio il quadro storico degli anni tra le due guerre mondiali. Niente da fare. Luzzatto insiste. Sulle sue labbra le parole retoriche si sprecano: "Orrore". "Vergogna". "Sterminio". Bottai con un realistico buon senso aggiunge: "Guardi che questa è la guerra. Come noi facevano anche gli altri". No, per Luzzatto i "cattivi" sono solo i fascisti. Eppure è uno storico, dovrebbe saperlo che la guerra non è un’invenzione di Mussolini e Hitler. Macchè. Luzzatto loda i filmati (realizzati da una televisione americana): "Sono degli inediti, non li hanno mai voluti far vedere in Italia". Benissimo. Poi però Luzzatto esagera e chiede a Bottai: "Ambasciatore, perché di questi crimini del fascismo in Italia non si vuole parlare?". Sogno o son desto? Forse Luzzatto sta sostenendo che in Italia è stato impedito il racconto dei crimini fascisti? Nell’Italia "democratica, antifascista, fondata sulla resistenza"? È proprio vero: al peggio non c’è mai fine. Non sono bastati cinquant’anni di falsificazioni della storia d’Italia da parte degli storici antifascisti e filocomunisti. Adesso bisogna anche sentire che questi ultimi sono stati "censurati". E visto che stavamo dicendo che al peggio non c’è mai fine, occorre aggiungere una ulteriore osservazione. Oltre a questi "interessantissimi" programmi televisivi, infatti, Luzzatto ha anche curato un "Dizionario del fascismo" in due volumi, edito da Einaudi. Gli storici che hanno redatto le voci? Il meglio della storiografia, naturalmente antifascista: da Tranfaglia a Scoppola, da De Luna a Pavone. Tante voci, con qualche omissione: quella sul "Comunismo", guarda caso. Ma di "chicche" storiografiche antirevisioniste se ne possono trovare un po’ ovunque. Ma stavamo parlando di programmi televisivi. Questa invece è già un’"altra storia". Non la nostra.

L’Apota