Immigrati a legnano ed area cantoni - Numero 04

Immigrati a Legnano ed Area Cantoni
Lettera di un militante di AN sulla presenza del partito in città


Immigrati
C’è una questione, a Legnano, che è sotto gli occhi di tutti: gli immigrati. Li vedi in giro per la città, specialmente attorno all’area Cantoni, alle chiese cittadine, ai semafori. Immigrato non vuol dire necessariamente extracomunitario, proveniente dai paesi del Nord Africa, ma loro sono gli "immigrati", per eccellenza. Vengono considerati tali anche gli albanesi, così simili per colorito della pelle ai nostri meridionali; li riconosci subito perché hanno tutti la barba lunga, una giacca o un soprabito sempre più lungo o più largo della loro taglia, che sembrano a mala pena racchiudere quei corpi denutriti. Gli altri "non sono" immigrati. I cinesi, i giapponesi, i filippini : sono gli immigrati "buoni", quelli che si sono integrati, che ci servono nei loro ristoranti dai nomi strani o accudiscono le nostre mamme malate, i nostri nonni bisognosi, che si possono permettere un’assistenza a domicilio, a pagamento. I più disperati di questi immigrati vivono nell’area Cantoni, un monumento spettrale alla Legnano che fu; un’area dismessa, fatiscente, con finestre dai vetri rotti, dalle tapparelle scardinate, un ricordo della grande imprenditoria che ora non c’è più. L’area Cantoni è ora anche una ferita nella nostra sensibilità sociale. Legnano si è organizzata attorno a questa gente : le associazioni laiche fanno molto, le associazioni caritatevoli cattoliche si adoperano con mense, centri d’ascolto, la Casa San Giuseppe, ecc. Ma la gente comune, spaventata anche dall’aumento di scippi e furti nelle abitazioni, teme questo popolo fantasma. Lo teme e lo evita, ne vuole l’allontanamento da quell’area che li ospita. Si raccolgono firme in piazza, cresce il malumore, nasce qualche barzelletta cattiva su di loro; ma cinque di quei disperati sono morti bruciati vivi l’altro anno, non dimentichiamolo, uccisi anche dalla nostra indifferenza. Il "buonismo" lo lasciamo ad altri, non fa per noi, perché lo consideriamo stupido, oltre che inutile; la tolleranza no, è un’altra cosa. Conosciamo le obiezioni, perché assalgono anche noi: "se li aiutiamo ne verranno degli altri; aiutare gente che ci fa gli scippi, che ci ruba in casa?; se proprio ci tieni portateli a casa tua", ecc. ecc. In questi giorni di paura (e per quanto tempo, ancora?) non si fa che rivolgerci ai musulmani come a fratelli; non si fa altro che introdurre, giustamente, delle distinzioni tra il terrorismo e l’Islam; politici visitano moschee negli USA come in Italia per non rompere rapporti già fragili. Quanta comprensione, per paura… I nostri musulmani cittadini, invece, li vogliamo estirpare, danno troppo fastidio in città; al centro poi, che conserva ancora i segni del suo perbenismo, della sua prosperità economica. Ma finalmente arriverà il nuovo Piano regolatore… Quell’area verrà distrutta… E poi? Che sarà di quella gente? Sono solo fatti loro? Non possiamo negare che sono anche fatti nostri. Non possiamo negare asilo a questi disperati; non possiamo farlo - quante volte è stato già ripetuto - proprio noi, un popolo di emigranti per generazioni. Ma prima di trovare soluzioni, che nessuno ha in tasca, bisogna capire, predisporsi al dialogo, alla tolleranza. Questa gente è giunta a Legnano perché ha sperato, ha voluto credere in questa città, senza conoscerla. Hanno abbandonato tutto: la propria misera casa, ma pur sempre la loro casa; la loro terra di disperazione, ma pur sempre la loro patria; hanno racimolato il denaro fra i parenti per pagarsi un viaggio clandestino, per emigrare, lasciando spesso moglie e figli laggiù. Non si tratta di buonismo, ma di accettare una realtà che è sotto gli occhi di tutti. Ora interverrà la nuova legge sull’immigrazione, a firma di Gianfranco Fini e di Umberto Bossi. Si cercherà di regolamentare questa presenza per il futuro, ma nel frattempo guardiamo questa gente, guardiamo questi disperati per quello che sono. Non solo braccia utili per il lavoro nero; non solo un fastidio per la nostra tranquilla, ora neppure più, esistenza; guardiamoli per quello che sono: uomini.

Antonio F. Vinci


Pubblichiamo la lettera di un militante di Alleanza Nazionale, come sfogo personale nei confronti della situazione legnanese del partito. Al di là della condivisione o meno con la posizione espressa, lo scritto resta come punto di partenza per una riflessione politica, pronti ad ospitare altre posizioni.

ALLEANZA NAZIONALE: realtà concreta o paradosso politico?

La situazione in cui versano molti Circoli di Alleanza Nazionale (quello di Legnano purtroppo non è immune) non è certamente delle migliori; vi è una sorta di ristagno del materiale umano e nulla opera per una prospettiva di modernizzazione, né dal punto di vista tecnologico né da quello politico - gestionale.
Formulare un’analisi totalmente oggettiva ed in qualche modo "asettica", senza lasciarsi trasportare dalla passione e dal personale coinvolgimento, sarebbe, oltre che inutile sotto l’aspetto critico, del tutto fuori luogo poiché l’oggetto, in altre parole la diffusione a macchia d’olio delle nostre convinzioni, dei valori cari alla Destra italiana (da sempre) ed il conseguente coinvolgimento del maggior numero di soggetti nell’attività politica e sociale del Partito sul territorio, danno per scontato che sia l’obiettivo principale di tutti.
Il punto nodale, a mio modesto parere, verte sulla concezione di militanza che troppo spesso equivale ad una sorta di "sudditanza". Mi spiego meglio: vi è ancora la convinzione, in talune persone, che la gestione della "sezione" debba essere affidata alla logica manzoniana di un "Don Rodrigo" e dei suoi "Bravi" che, barricandosi dietro un ostinata paura di essere accantonati e quindi relegati ai margini della locale popolarità, non intendono accettare alcuna proposta che sia davvero innovativa, convinti a torto che equivalga esclusivamente ad una sfida per il dominio del "feudo".
La mediocrità culturale ed il servilismo verso i dirigenti locali e nazionali del Partito danno loro la forza di trattenere coi denti la posizione conquistata; l’aver militato per decenni ostentando degne battaglie politiche fatte a colpi di comizi e di cazzotti, non comprendendo che furono degne sì, ma grazie al cielo oggi materia del passato, è sufficiente per occludere lo spazio a chi vorrebbe, figlio del suo tempo, svolgere magari con formule nuove, con i mezzi tecnologici disponibili, la propria militanza.
Maggiore è l’accanimento se s’individuano capacità organizzative e d’intelletto nei "potenziali avversari" e ciò, conoscendo la psicologia di tali menti, ci appare palesemente come un teorema: indottrinare una testa pensante è molto più difficile che ammaliare uno stolto. Ora, in considerazione del fatto che tale situazione giustifica ampiamente la quasi totale assenza di credibilità del Partito nella realtà locale (provate a sondare la considerazione di cui godono gli esponenti locali di A.N, presso le varie associazioni d’imprenditori, commercianti e professionisti del Legnanese); in virtù dell’essere palesemente succubi degli alleati politici e soprattutto nella prospettiva che nell’anno 2002 in Legnano e in molti altri Comuni si svolgeranno le elezioni amministrative, non credete che il Partito, negli organi dirigenziali maggiori, debba cercare di recuperare il maggior numero di forze in campo per garantirsi la visibilità, il credito, il consenso e lo spazio che merita prescindendo dalle alleanze, indipendentemente dagli accordi elettorali, basandosi su un proprio, moderno e solido programma di governo che raccolga stretta a se quella maggioranza "silenziosa" che, a mio avviso, non aspetta altro?
Ci piace ricordare, per un sentimento di continuità nei valori, che Mussolini e i suoi quadrunviri andarono a governare l’Italia poco più che trentenni, che la maggioranza degli aderenti alla Repubblica Sociale Italiana era composta da giovani e integri ventenni ed infine che non a caso l’inno più bello recita "Giovinezza, primavera di bellezza…"
Tuttavia appare dannatamente contraddittorio che le "giovani" leve del Partito, Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri, Ignazio La Russa, Francesco Storace ed altri, tutti coloro che riuscirono un decennio fa, incontrando i medesimi ostruzionismi e le medesime difficoltà, a traghettare il M.S.I (moribondo e in via di rottamazione) verso l’uscita di un tunnel lungo cinquant’anni (calpestando la ghettizzazione imposta dalla sinistra, dando inizio a quel doveroso processo di revisione storica che oggi permette a noi trentenni di leggere e di scoprire cosa accadde realmente nel nostro Paese, verso quella collocazione naturale che consiste nell’essere forza di governo); oggi lascino che nelle realtà locali imperino gli interessi personali di pochi e mediocri "feudatari" del XXI° secolo.
Se questa è la sintesi di un percorso politico risulta estremamente paradossale continuare ad occuparsene…

Giuseppe Mallamaci