11 SETTEMBRE, L’ORGOGLIO E LA PAURA
Due libri a confronto sugli attentati alle Twin Towers: "La rabbia e l’orgoglio" di Oriana Fallaci e "La paura e l’arroganza", a cura di Franco Cardini.
"La rabbia e l’orgoglio"? Oppure "La paura e l’arroganza"? Oriana Fallaci o Franco Cardini? L’invettiva anti-islamica e filo-occidentale della scrittrice fiorentina o gli argomenti anti-americani e filo-terzomondisti raccolti dal professore medievista? Non si può che ragionare per contrapposizione parlando di questi due libri. Il primo, quello della Fallaci, è stato scritto subito dopo gli attentati alle Torri Gemelle newyorkesi. A "caldo". Il secondo (che, oltre a quello di Cardini, raccoglie i saggi, tra gli altri, di Marco Tarchi, Alain de Benoist, Massimo Fini, Noam Chomsky) è uscito a un anno dall’11 settembre 2001. Entrambe le opere contengono spunti interessanti, pur rappresentando due generi letterari assai diversi. "La rabbia e l’orgoglio" della Fallaci è un’invettiva che mantiene, a un anno di distanza dalla pubblicazione, una grande forza. Sia letteraria che argomentativa. Un attacco in grande stile e dai toni ruvidi al mondo e alla cultura musulmana. Un esempio? Scrive la Fallaci: "Sto dicendo che da noi non c’è posto per i muezzin, i minareti, i falsi astemi, il fottuto chador, e l’ancor più fottuto burkah. E se ci fosse, non glielo darei. Perché equivarrebbe a buttar via Dante Alighieri, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Raffaello, il Rinascimento, il Risorgimento, la libertà che abbiamo bene o male conquistato, la democrazia che abbiamo bene o male instaurato, il benessere che abbiamo indubbiamente raggiunto. Equivarrebbe a regalargli la nostra Patria, l’Italia. E l’Italia io non gliela regalo". In questo brano c’è tutta "La rabbia e l’orgoglio". Rabbia contro i terroristi islamici che hanno infranto il mito dell’invulnerabilità americana. Una rabbia che - è opportuno dirlo - fa un po’ impropriamente di tutta l’erba un fascio. I musulmani non sono tutti terroristi o "incivili", come emerge dalla prosa fallaciana. Anche se il terrorismo islamico esiste perché il sentimento anti-americano (e anti-occidentale) nei paesi musulmani, dall’1989 in poi, è cresciuto. Gli Stati Uniti vengono percepiti (e non sempre a torto) come uno Stato che, dopo la fine dell’Unione Sovietica, sta perseguendo una politica imperialista. In senso economico e militare. In questo brodo di coltura anti-americano le organizzazioni terroristiche islamiche trovano facilmente seguaci, militanti. E persino kamikaze assassini. Se la "rabbia" della Fallaci, dunque, non è condivisibile al cento per cento, il suo "orgoglio", invece, sì. La sua difesa dell’Occidente è sentita e trascinante. In tempi in cui lo sport più praticato è quello della demonizzazione del nostro modello di vita (liberaldemocratico, consumista, globale); una difesa dell’Occidente andava fatta. Soprattutto quando dall’altra parte, a contrapporsi, c’è la cultura e la religione musulmana. Che noi rispettiamo. Ma di cui non condividiamo nulla. Perché priva l’uomo della libertà di espressione, perché pone la donna in uno stato di schiavitù, perché erge a legge di Stato i precetti della religione. La difesa del nostro mondo manca totalmente, invece, nel libro curato da Cardini. Di più: Marco Tarchi, criticando l’intolleranza liberale dei Panebianco, dei Sartori ma anche di Cacciari, fa un elogio indiretto del relativismo culturale. Stessa cosa fa Massimo Fini. Insomma, secondo Tarchi e Fini, meglio che non esistano metri unici in base ai quali stabilire gerarchie fra le civiltà. Un metodo rispettabile. Che aiuta la tolleranza. Ma che è ambiguo. Perché i due intellettuali, predicando la tolleranza tra Occidente e Islam, nella realtà però riservano tutte le loro critiche a una parte sola, quella che fa capo agli Stati Uniti e, di riflesso, anche all’Europa. Se la Fallaci, secondo alcuni, può peccare di eccesso di apologia dell’Occidente, Cardini, Tarchi, Fini, Chomsky sbagliano in senso opposto, demonizzando non solo la politica estera americana (critica in buona parte condivisibile) ma anche il nostro modello culturale: il liberalismo è il loro bersaglio, la globalizzazione il loro incubo. Tante critiche contenute ne "La paura e l’arroganza", intendiamoci, sono fondate. Ma è il giudizio finale che è sbagliato, a nostro modesto parere. Perché - per usare le parole di Samuel P. Huntington - "l’essenza della civiltà occidentale è la Magna Carta, non il Big Mac". Insomma, noi alla civiltà fondata sul Corano continuiamo a preferire quella occidentale, con la sua eredità classica, con il suo cattolicesimo (ma anche protestantesimo); con la sua separazione tra autorità spirituale e temporale, con il suo stato di diritto, con il suo pluralismo sociale, con i suoi corpi rappresentativi, con il suo individualismo, quando esso è in difesa della persona. Questa civiltà, fallacianamente, è il nostro orgoglio. La cultura islamica, lo ammettiamo, è la nostra paura.
Massimiliano Mingoia