Si chiude quest’anno che celebra il centenario della Vittoria. Ma come è stata celebrata questa ricorrenza? A parlarne con toni accesi e fortemente critici è un articolo apparso su “Storia in rete” di dicembre, a firma di Emanuele Mastrangelo e Enrico Petrucci. Il titolo è sintomatico: ”I nemici della vittoria”. I luoghi più sacri della storia nazionale, i luoghi del ricordo della I guerra mondiale, il Sacrario di Redipuglia, il tempio-sacrario di Milano, il Ponte degli Alpini di Bassano, sono stati tutti oggetto di restauri che non si sono conclusi in tempo utile per le celebrazioni. Puntuale, dunque, la ricostruzione dello stato di degrado e dei lavori occorrenti. Ma non ci si ferma qui. Secondo gli autori dell’articolo: “Fin dall’apertura del centenario, tre anni fa, sono circolate “veline” che dicevano “non si celebra, si commemora”. Ad essere accusati sono anche i giornali che hanno riportato i discorsi del Presidente della Repubblica mettendo in evidenza più che altro l’aspetto pacifista. Insomma, una volontà di non celebrare, di sottolineare solo l’aspetto dell’ ”inutile strage” e del richiamo all’europeismo. L’articolo, molto ben articolato e diffuso nell’analisi, mette in luce il disimpegno degli intellettuali in merito alle celebrazioni e, soprattutto, l’intento di riscrivere la storia della I Guerra mondiale, interpretandola solo nel suo inutile tributo di sangue. Che inutile non fu. Non si tratta di celebrare la guerra, lo spargimento di sangue nostro o dei nemici della Patria: la guerra deve essere sempre condannata. Ma il sacrificio di seicentonovantamila italiani morti, operai, contadini, studenti, gente umile che si sacrificò per completare il Risorgimento, non può essere taciuto, sminuito, dimenticato. E invece si assiste ad una sorda dimenticanza, ad una sottile trascuratezza e negazione della nostra identità. Dal 1977 il 4 novembre non è più Festa nazionale e viene celebrato la prima domenica del mese, diventando Festa dell’unità nazionale e delle Forze Armate. Ma, senza entrare nel merito della decisione, non celebrare più con un giorno di festa quella vittoria, ha fatto perdere nella memoria collettiva la sua importanza. Specialmente nei giovani se, come è apparso da un sondaggio, moltissimi giovani non sanno cosa sia successo quel 4 novembre 1918. E’ già successo. E’ successo con la tragedia delle Foibe, con la dimenticanza dell’esilio in Patria di trecentocinquantamila profughi dall’Istria e dalla Dalmazia. Una storia, quest’ultima, riportata alla luce da non moltissimi anni grazie al Giorno del Ricordo, proprio per non cadere nell’oblio. Negazionisti; conformisti per seguire un pacifismo negatore di chi si è sacrificato per la Patria senza nulla chiedere e dando tutto, la vita; uomini dimentichi delle proprie radici per seguire un percorso che neghi la propria storia, la propria memoria: a questo stiamo assistendo. Va detto in modo chiaro e alto un NO alla guerra, ma anche, altrettanto chiaro, un SI al ricordo di chi in guerra ha sacrificato se stesso perché si aprisse un periodo di pace.
A.F.V.