La legge istitutiva del "Giorno del Ricordo", approvata dal Parlamento con voto pressoché unanime nello scorso marzo, a seguito dell’iniziativa fortemente voluta dall’On. Roberto Menia, in onore delle Vittime giuliano-dalmate degli anni Quaranta, e del grande Esodo dei 350 mila, trova esplicazione concreta ed ufficiale, per la prima volta, in occasione del 10 febbraio, anniversario del "diktat" con cui, nell’ormai lontano 1947, l’Italia fu costretta a cedere alla Jugoslavia la propria sovranità sull’intera Dalmazia e su buona parte della Venezia Giulia.
Il lungo silenzio sui delitti titini e sulle prevaricazioni subite dagli Esuli viene finalmente rimosso, con una serie di manifestazioni particolarmente significative per qualità e per numero. Basti dire che risultano coinvolte non meno di trenta città italiane, in cui si tengono circa sessanta iniziative, senza contare alcuni filmati posti in onda, nella circostanza, dalle maggiori emittenti televisive, fra cui quella di Stato.
Di ciò si deve dare atto ad un’organizzazione funzionale, che è stata in grado di celebrare il "Giorno del Ricordo" dalle Alpi alla Sicilia, richiamando l’attenzione degli immemori e degli ignari su pagine assai dolorose della storia nazionale, anche con appositi interventi in sede scolastica, dove l’ostracismo precedente era stato particolarmente diffuso. Tra le iniziative di maggiore impatto etico-politico, e di più significativa visibilità, si debbono ricordare quelle di Trieste, se non altro per la presenza di autorevoli esponenti del Governo nazionale, tra cui il Vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, On. Gianfranco Fini, il Ministro per gli Italiani nel Mondo, On. Mirco Tremaglia, ed il Ministro delle Comunicazioni On. Maurizio Gasparri; e naturalmente, quella dell’On. Roberto Menia, quale proponente e primo firmatario della legge istitutiva. Nella fattispecie, si tratta, del resto, di un atto dovuto, perché la città di San Giusto è la capitale morale del movimento giuliano-dalmata, e quella che ospita il maggior numero di Esuli e di loro discendenti.
Le celebrazioni del "Giorno del Ricordo" sono destinate a lasciare un’impronta significativa nella coscienza comune italiana ed a colmare un vuoto d’informazione collettiva protrattosi per parecchi decenni, a causa del ricorrente disinteresse governativo, indotto da motivazioni politiche contingenti, e quindi, moralmente non commendevoli. E’ auspicabile che questa maturazione, suffragata da tante iniziative meritorie, non rimanga fine a se stessa, ma costituisca il presupposto di strategie avvenire, mirate a consolidare l’assunto anche in sede di programmazione della politica estera nei confronti delle Repubbliche di Slovenia e Croazia, da cui sarebbe lecito attendersi un riconoscimento definitivo dei torti subiti dal popolo giuliano-dalmata, ed una disponibilità effettiva a risolvere costruttivamente i problemi tuttora sul tappeto (regimazione delle acque, relazioni culturali, politica delle minoranze, beni nazionalizzati).
In ogni caso, il "Giorno del Ricordo" costituisce un salto di qualità, anche in questa prospettiva, e trascende il pur fondamentale valore di iniziativa rivolta a concludere quel percorso etico che, già nel febbraio 2004, aveva indotto l’On. Fini a chiedere scusa agli Esuli, a nome del Governo, per il disinteresse ufficiale nei loro confronti, protrattosi per oltre mezzo secolo. Ciò, anche per sollecitare la costruzione di una Casa comune europea scevra da ogni retaggio negativo e da ogni ulteriore incomprensione.
L’Italia, Paese di antica civiltà, la cui impronta è indelebile, nonostante l’esodo pressoché plebiscitario, anche nelle terre giuliano-dalmate, se non altro a livello di testimonianze artistiche e storiche, guarda con rinnovato interesse alle prospettive di integrazione, ma nello stesso tempo, non rinunzia alla ritrovata consapevolezza della sua identità, e dei valori di civiltà e di giustizia che suffragarono le opzioni degli Esuli, e ne ribadiscono tuttora, contro ogni fondamentalismo, l’insostituibile matrice cristiana.
Il "Giorno del Ricordo" ascrive a proprio merito, fra i tanti, anche quello di avere attualizzato questi concetti, e di riproporli ad ampio spettro, in una valenza socio-politica di grande valore prescrittivo. E’ un motivo che sarebbe sufficiente, da solo, a sottolinearne la trasversalità, sottolineata, come si diceva, dal voto pressoché unanime del marzo 2004, e prima ancora, la piena condivisione generale, trattandosi di una solennità civile destinata a tramandare nel nuovo millennio un messaggio di speranza e di fede.
Carlo Montani