RICORDO DI GIOVANNI GENTILE - Numero 29

 

Il 15 aprile di sessantuno anni fa moriva in circostanze tragiche Giovani Gentile, uno dei più grandi filosofi italiani del ‘900. Il suo nome è legato alla prima, e a tutt’oggi unica, riforma organica della scuola italiana, che realizzò nel 1923 quando fu chiamato da Mussolini a reggere il Ministero della Pubblica Istruzione e rabbrividisco quando a questa grande opera che fu la riforma Gentile viene accostata quella cosa (non saprei come definirla) chiamata riforma Moratti.
La cosiddetta "riforma Moratti" di chiara ispirazione tecnocratica e perfettamente in linea con il pensiero neoliberista, si risolve nel produrre quantità industriali di diplomati e laureati da gettare nel mondo del precariato ed è significativo, a questo riguardo, come il modello di lavoro "usa e getta" che tanto piace agli americani sia stato importato dalla sinistra durante il governo Prodi e perfezionato dal centrodestra dal governo Berlusconi a conferma di come i due schieramenti altro non sono che due modi simili di intendere lo stesso sistema.
La riforma Gentile fu tutt’altro: non si limitava a dare cultura, soprattutto classica e umanistica, ma formava i ragazzi al lavoro, anche quelli meno dotati cui assicurava un futuro attraverso la riforma dell’apprendistato e, cosa importante, educava i giovani al senso civico e all’amore di Patria per far sì che da adulti diventassero cittadini consapevoli e orgogliosi di essere italiani. La scuola di Gentile affidava alla funzione pubblica un ruolo centrale nella formazione dello studente lasciando tuttavia ampio spazio e libertà d’insegnamento alla scuola privata, che all’epoca era esclusivamente confessionale, cattolica ed ebraica. Dal 1925 fino alla sua morte ebbe la direzione dell’Enciclopedia italiana alla cui realizzazione chiamò, al di sopra delle parti e senza alcuna distinzione di credo politico o di fede religiosa, le massime autorità scientifiche dell’epoca affinché quest’opera monumentale, 36 volumi, condensasse tutto il sapere italiano.
Aderì al fascismo nel 1923 perché vedeva nell’esperienza storica avviata da Benito Mussolini quella sintesi tra pensiero e azione necessaria a portare a compimento il processo risorgimentale e gettare le basi per la creazione dello Stato Nazionale del Lavoro. La sua non fu una semplice adesione, come quella di moltissimi intellettuali che aderirono al regime per conformismo o convenienza, ma contribuì in maniera determinante alla formazione del pensiero e della dottrina del movimento fascista. Stilò nel 1925 il celebre "Manifesto degli intellettuali italiani fascisti" che recava la firma di moltissimi personaggi illustri tra cui quelle di Luigi Pirandello, Curzio Malaparte, Gioacchino Volpe, Filippo Maria Marinetti e Giuseppe Ungaretti. Dopo la crisi del 25 luglio 1943 aderì alla Repubblica Sociale Italiana. Poteva starsene tranquillo in disparte ed attendere che la bufera passasse per poi riciclarsi, come fecero molti suoi colleghi intellettuali. Invece la sua coerenza e le sue idee lo portarono a rispondere all’appello del Duce ben sapendo che difficilmente sarebbe sopravvissuto a quella avventura. Infatti il 15 aprile del 1944 veniva vigliaccamente assassinato a Firenze, sua patria di adozione, da un gruppo di partigiani antifascisti, anche a causa della sua incessante opera di riconciliazione tra le parti per evitare che gli attentati compiuti dai partigiani alle truppe tedesche in ritirata, che avrebbero suscitato la rappresaglia nemica, portassero ad una guerra fratricida che avrebbe diviso gli italiani per generazioni. Cosa che puntualmente avvenne.
La morte di Gentile, cui seguì la demolizione prima intellettuale e poi morale di Benedetto Croce, con cui collaborò agli inizi della sua carriera, fu voluta soprattutto da Togliatti per sgombrare il campo in vista di una egemonia culturale marxista che persiste ancora oggi.
La grandezza postuma di Giovanni Gentile non sta solo nella sua statura di pensatore e uomo di cultura, ma nella sua grande coerenza che lo portò in nome dei suoi principi e ideali a sacrificare la sua vita per l’Italia e per il fascismo.

Gianfredo Ruggiero
Presidente del Circolo Culturale Excalibur
Lonate Pozzolo