La questione delle opere d’arte istriane a suo tempo trasferite a Roma per sottrarle ai pericoli bellici, ed attualmente collocate a Trieste presso il Museo "Revoltella", è stata oggetto di un paradossale intervento sulla stampa giuliana da parte di un Consigliere di "Italia Nostra", che ha sostenuto l’opportunità di un gesto di apertura, e quindi, di "restituzione" alla Croazia od alla Slovenia, per motivi non meglio specificati di "convenienza politica".
Si era presunto che sull’argomento fosse calato il sipario dopo le pronunzie governative da cui era emersa la volontà di escludere ipotesi surreali di "consegna" alle Amministrazioni d’oltre confine, trattandosi di opere prodotte da artisti italiani, e mai collocate, giova sottolinearlo, in territori sottoposti all’esercizio della sovranità jugoslava prima, e croata o slovena, poi.
Purtroppo è necessario ricredersi e prendere nota che oggi, accanto ad effimere ed improbabili considerazioni di carattere socio-geografico, secondo cui le opere dovrebbero trovarsi dove l’artista ebbe a concepirle e realizzarle, in taluni ambienti si vorrebbe far prevalere un principio di interesse "politico" per sua natura elastico e mutevole, e come tale, privo di una qualsiasi copertura giuridica, meno che mai morale.
Non appare sconvolgente, ed anzi è perfettamente legittimo che quelle opere stiano a Trieste od a Roma anziché in Istria. Ai fregi del Partenone, scolpiti da Fidia e trafugati al "British Museum" di Londra nello scorcio iniziale dell’Ottocento, od ai tanti capolavori di casa nostra sottratti da Napoleone ed attualmente al Louvre, è capitato di peggio: quelli perpetrati a loro danno furono furti veri e propri, ma nessuno, alla stregua dell’universalità dei valori estetici, ha mai pensato di chiederne la "restituzione". Ebbene, non si vede perché debba essere proprio l’Italia del terzo millennio, dopo averle salvate dalla guerra, a donare ai Governi di Lubiana o Zagabria le sue opere d’arte, quale corollario anacronistico del "diktat" (peraltro estraneo a costoro); o se si vuole, quale ulteriore grazioso omaggio a Paesi con tradizioni figurative minori e quindi sensibili ad ogni opportunità di potenziarle a posteriori, con una sorta di sopravvenienza attiva per meriti altrui.
E’ scontato affermare che l’ipotesi sollevata da quel Consigliere di "Italia Nostra" non ha alcuna parvenza di condividibilità nell’ottica del diritto internazionale, che non prevede siffatte obbligazioni, tanto è vero che le opere a suo tempo sottratte alla Grecia od all’Italia sono rimaste dov’erano senza che nessuno abbia sollevato il problema né tanto meno formulato domande di sanzioni; del resto anche i quadri istriani non sono stati oggetto di rivendicazioni ufficiali, ma di attese interlocutorie e casuali, indotte più che altro dalle "avances" gratuite di parte italiana: atteggiamenti, questi ultimi, improntati ancora una volta alla famosa "cupidigia di servilismo" cui fecero riferimento già nel 1947, durante la discussione parlamentare per la ratifica dell’iniquo trattato di pace, Benedetto Croce e Vittorio Emanuele Orlando.
Ci voleva proprio un’Associazione che dovrebbe avere fra i propri scopi quello di tutelare il patrimonio artistico italiano per suggerire un comportamento opinabile anche dal punto di vista della compatibilità con la sua ragion d’essere e con le sue vocazioni d’origine. In Italia accade questo ed altro: certe madri sono sempre incinte!
Carlo Montani
Riproduciamo il testo di una lettera, inviata a Vittorio Sgarbi, sempre in merito alla restituzione delle opere d’arte.
Gentile On. Sgarbi,
il Suo intervento a proposito dei quadri che secondo certi soloni dovrebbero essere "restituiti" a Slovenia e Croazia merita un plauso convinto.
In effetti, non di restituzione si tratterebbe, ma di un regalo assolutamente gratuito, al pari di tanti altri già fatti in passato, da Osimo al riconoscimento delle nuove Repubbliche, ed al nulla osta circa l’ingresso di Lubiana nell’Unione Europea. Le opere d’arte in parola non sono mai state slovene o croate!
Lei ha giustamente sottolineato l’illiceità penale di un provvedimento che venisse incontro alle pretese di Rupel e soci, ma esistono anche aspetti etico-politici prioritari, in primo luogo per noi esuli. In altri termini, l’oltraggio dell’eventuale "restituzione" non sarebbe cancellato nemmeno da una nuova legge appositamente confezionata da qualche maggioranza trasversale nè tanto meno da un trattato internazionale come quello a cui Lei ha fatto riferimento nelle dichiarazioni riportate dalla stampa.
E poi, diciamolo francamente: ammesso e non concesso per mera ipotesi dialettica che i nostri amabili vicini potessero vantare diritti di sorta su quelle opere, ciò dovrebbe valere, a ben più forte ragione, a proposito degli autentici furti patiti dall’Italia per mano francese, o dalla Grecia per mano britannica. Ma di questi, nessuno parla nè parlerà: nell’Italietta di oggi (diversamente da quanto accade ad Atene, che rivendica da anni i fregi del Partenone); lo sport di maggior successo è quello del calabraghismo.
Ebbene, noi siamo con Lei, e ringraziando per la Sua presa di posizione, La invitiamo cordialmente a perseverare.
Carlo Montani, esule da Fiume
Laura Brussi, esule da Pola