SOMMARIO DELLA SEZIONE:
- LA DESTRA DI STORACE
- L’UNTO DEL SIGNORE
LA DESTRA DI STORACE
Comprendere il desiderio di Storace di dar voce a persone di AN non piu’ rappresentate da Fini è semplice. Anzi: è condivisibile. Ancora di piu’: andava fatto prima!
Fatta questa premessa non posso che dissociarmi pero’ sul metodo.
La scelta di Storace di creare una costituente che ad ottobre dovrebbe dar vita ad un nuovo partito più a destra di AN cosa porterà alla Destra (intesa come area politica ampia)? L’obiettivo generale dovrebbe essere spostare il consenso del centro verso destra (e non andare noi al centro). Bisogna dare risposte chiare e decise ad un elettorato che al momento non vede la Destra come scelta interessante. Tuttavia non si ottiene nulla creando ulteriori formazioni a destra di AN e frammentando sempre piu’ il nostro ambiente. Se la Destra puo’ raggiungere, ipotizziamo, un 20% a livello nazionale è sicuramente auspicabile che questo risultato sia ottenuto da un unico partito (che al suo interno conservi varie correnti ed identità). Un unico partito avrebbe un peso decisamente piu’ consistente rispetto a quello che la Destra consegue oggi distribuendo il consenso su 6 soggetti differenti (AN, La Destra, Fiamma Tricolore, Forza Nuova, Fronte Nazionale, Azione Sociale). Senza contare poi formazioni di destra locali e i cosidetti gruppi extra-parlamentari.
Si torna cosi’ a dover ragionare su un tema politico importante: il partito unico. In un futuro potremmo avere uno scenario a due poli (centro-sinistra e centro-destra) o a 3 poli (centro-sinistra, centro, centro-destra). E’ utopistico sperare che un polo di destra (senza centro) sia significativo nella scena politica italiana. Ad oggi l’obiettivo di tutte le formazioni vicine al Polo delle Libertà dovrebbe essere appianare le divergenze conservando una propria identità da far confluire in un unico, grande, partito. In questo contesto non trova spazio la scelta di Storace di creare un’ulteriore realta’ a destra di AN partendo dal presupposto di prendere voti proprio da AN.
Storace ha chiarito inoltre che la nuova realtà si ispira a Fiuggi. Ottimo tuttavia e’ cosi’ escluso che Fiamma Tricolore, Forza Nuova, Fronte Nazionale e Azione Sociale si possano fondere con La Destra di Francesco Storace. Tanto valeva farlo con AN allora D’altra parte e’ evidente che il nuovo soggetto si proponga sempre più come una scissione, la meta di un esodo di una parte degli scontenti di AN. Importante è la parola "parte" pero’. Non tutta la corrente di Destra Sociale di AN ha infatti apprezzato il progetto di Storace. A partire dal co-leader della corrente Gianni Alemanno che non ha condiviso la scelta, per arrivare a numerosi "storaciani" doc che si sono dissociati. Insomma: vedremo nell’arco dell’estate chi effettivamente aderirà al progetto.
Ma su chi conta seriamente Storace? Beh il simbolo stabilito per "La Destra" la dice lunga. La fiaccola di Azione Giovani, movimento giovanile di AN, e’ stata tristemente copiata per il nuovo partito. Una fiaccola che prima era stata già del Fronte della Gioventù (in forma leggermente differente). Un simbolo per tutto il movimento giovanile di oggi ma anche di ieri. Storace, con una scelta del genere, cerca evidentemente di attrarre l’interesse dei giovani e dei meno giovani che, come e’ giusto che sia, hanno sempre visto quella fiaccola come un simbolo di purezza al di là di ogni interesse economico o di poltrone che il partito poteva avere. Una scelta pero’ che ha avuto come conseguenza la rabbia di molti giovani che oggi utilizzano quel simbolo perche’ rappresentativo del movimento giovanile di AN e che nella nuova formazione politica di Storace non entreranno. Storace ha "scippato" la fiaccola comportandosi scorrettamente nei confronti degli stessi giovani che voleva attrarre ed inoltre, utilizzando un simbolo comunemente attribuito ad AN, ha creato ancora più confusione nel teatrino della politica che porta in scena gli attori della Destra.
Riprendendo quanto scritto nelle prime righe ritengo che il desiderio di Storace di dar voce a persone di AN non piu’ rappresentate da Fini sia condivisibile ma doveva nascere un movimento di pensieri e di azioni all’interno del partito che evidenziasse i problemi e proponesse soluzioni. L’aver avviato l’ennesimo esodo a destra, sempre ammesso che ottenga il seguito auspicato da Storace (5% alle prossime elezioni); non porterà altro se non la nascita di ulteriori antagonismi e di una sempre piu’ ampia frammentazione del nostro elettorato. Frammenti che sempre con più difficoltà potranno poi essere messi uno accanto all’altro per dar vita ad un vero, forte, grande, unitario partito che rappresenti con tenacia i valori e gli ideali di Destra.
Vito Andrea Vinci
L’UNTO DEL SIGNORE
Lo stellone di buona memoria continua a proteggere l’Italia, e Dante, ad oltre sette secoli dal suo viaggio ultraterreno, si sta accreditando come profeta non meno grande del poeta: finalmente, è arrivato il Veltro, destinato a salvare l’Italia, e forse il mondo intero, da tutte le sventure. Bisognerà accendere parecchi ceri di ringraziamento, e fare ammenda della scarsa fede per cui si era ritenuto che l’epoca della manna dal cielo fosse finita da un pezzo.
Il segretario del nuovo Partito Democratico non è stato ancora eletto, ma sembra che tale adempimento sia del tutto inutile, perché l’incoronazione è già avvenuta a furor di popolo: Il Sindaco di Roma, pur non avendo le doti dei generali di Napoleone, è stato promosso sul campo ed insignito dei gradi di Sindaco d’Italia. Manca soltanto la proposta, o meglio la pretesa, di farlo "santo subito".
Eppure, il discorso di Torino, che ha delineato un programma a dir poco taumaturgico, capace di risolvere tutti i problemi del bel Paese e di ricondurlo allo stato di natura caro all’utopia di Gian Giacomo Rousseau, non ha chiarito l’essenziale, e cioè quali siano le fonti finanziarie capaci di supportare una spesa per cui non esiste aggettivazione che non sia riduttiva. Per la verità, il Nostro pensa ad un ampliamento del gettito fiscale riveniente non solo e non tanto dalla lotta all’evasione, ma prima ancora, da virtuose adesioni di massa al nuovo corso, che vivono soltanto nella fantasia di certa sinistra "chic", in cui le utopie si confondono con studiate ingenuità.
Veltroni si presenta sul proscenio della grande politica come un salvatore della patria, destinato a compiere il miracolo perché, a differenza dei suoi "competitors" dell’una e dell’altra sponda, è l’Unto del Signore. Non a caso, prima di sciogliere la riserva e di concedersi all’abbraccio liberatorio del Lingotto, è salito a Barbiana, per "trarre gli auspici" dalla tomba di don Lorenzo Milani, della cui scomparsa, proprio in questi giorni, ricorre il quarantennale.
Ecco una strumentalizzazione a dir poco smaccata: invece di mutuarne il convincimento di ritirarsi in Africa nell’impegno a favore dei bambini e dei diseredati del terzo mondo, cosa che aveva pensato di fare alla scadenza del suo mandato in Campidoglio, è stato folgorato come Paolo sulla via di Damasco, maturando la decisione del grande sacrificio per il bene comune, e non solo per quello degli amati progressisti e compagni di viaggio. Il nuovo Sindaco del terzo millennio si impegnerà per tutti, e non solo per coloro che lo avranno votato.
A parte il fatto che vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso è sempre stato uno sport piuttosto pericoloso, ciò che lascia di stucco è questa sorta di "imprimatur" che il buon Walter è andato a chiedere a don Lorenzo: un Uomo, questo sì con la maiuscola, che si era donato anima e corpo alla causa degli umili e degli ultimi, e che non aveva mancato di affermare in ogni occasione la sua fede democratica, ma proprio per questo, rigidamente anticomunista. Come Veltroni?
Don Lorenzo ebbe momenti di notorietà, non soltanto con la sua azione pastorale e con il suo impegno quasi messianico di educatore, ma nello stesso tempo, con i problemi giudiziari che lo videro protagonista di una famosa "querelle" con alcuni Cappellani militari, tra cui il compianto don Luigi Stefani, esule da Zara, alpino della "Julia", sensibile ai valori di un continuo ed impegnativo volontariato come volle dimostrare con una lunga milizia nella Venerabile Arciconfraternita della Misericordia fiorentina e nelle Opere del Soccorso, compresa quella in favore dei profughi ungheresi, ma attento anche ai principi sacri della patria e dell’onore: del resto, non erano stati Cappellani militari Uomini come don Carlo Gnocchi, il Santo dei mutilatini, don Giulio Facibeni, il fondatore dell’Opera della Divina Provvidenza "Madonnina del Grappa", o don Reginaldo Giuliani, eroe della prima guerra mondiale?
Chi conobbe don Lorenzo Milani e don Luigi Stefani può ben dire che furono accomunati dall’amore per il prossimo, sebbene l’uno fosse antesignano del futuro, e l’altro, paladino della tradizione: due mondi che avrebbero potuto e dovuto incontrarsi, e che non è giusto riproporre al giorno d’oggi in un’antitesi strumentale, al pari di certe improbabili genuflessioni sul povero sepolcro di marmo bardiglio, non certo di prima scelta, che ricorda meglio dei proclami avveniristici del Veltro la semplicità e la forza morale del parroco di Barbiana.
Carità di patria esige, tuttavia, che all’Unto del Signore giunga l’augurio di poter essere tale fino in fondo, per gestire con esemplare onestà e correttezza una cosa pubblica fin troppo bistrattata dai troppi assalti alla diligenza dell’una o dell’altra fazione, o più verosimilmente, per digerire gli effetti di una probabile disavventura elettorale dagli scomodi scranni dell’opposizione, anziché da una stimolante missione in terra d’Africa, a cui il Veltro ha dovuto rinunciare in ossequio alla Chiamata.
Carlo Montani